Partiamo da un dato: la Nazionale di calcio italiana non vince un match nella fase finale di un torneo internazionale dal 17 giugno 2008. Corsi e ricorsi storici dall'epoca del doppio sigillo firmato Pirlo-De Rossi, ad oggi.

 

Due commissari tecnici nei restanti quattro anni per un bottino di: 0 vittorie, 5 pareggi, 1 sconfitta; 6 gol fatti (di cui 2 su calcio da fermo), 7 subiti.

Dalla lontana vittoria del 30 giugno 2006, firmata Zambrotta e doppio gol di Toni, antipasto di uno storico trionfo Mondiale, le performance in manifestazioni che vedono la nostra Nazionale  disputare la fase finale, nell'arco dei 90' regolamentari, indicano un bilancio che ad oggi recita: 2 vittorie, 8 pareggi, 4 sconfitte; 13 gol fatti (di cui 3 su calcio da fermo), 17 subiti.

 

Il tutto per un totale di “quattro” allenatori che si sono distinti nel trovare sinonimi adeguati a non far apparire ridondanti e patetici i termini programmazione e ringiovanimento. 

 

Il fattore di crescita. Belle parole, diverse filosofie d'approccio alla Nazionale che hanno portato con gli anni, e quanti anni […] l'identico risultato: un imbarazzante prova cui solo il sano spirito d'adattamento da sempre distintivo del made in Italy, ha mitigato l'effetto. Il tutto celato da quel solito luogo comune del “Tutti Mister”, che ormai ci appartiene come la Pizza e gli Spaghetti.

 

E' imbarazzo che si prova quando prende forma la consapevolezza che il progetto di continuità e programmazione del 2006, riuscì ad essere già esaurito due anni dopo, così come quello del 2008, rivoluzionato per la spedizione sudafricana, e l'arrembante progetto finalizzato all'Europeo 2012, che non è riuscito a infondere nei circa 62 milioni di italiani, metaforicamente al seguito, un solo punto d'identità. Un solo Azzurro di cui andar fieri.

Siamo passati dal soggetto che avrebbe dovuto fare il Perrotta, ma non era Perrotta, a colui che avrebbe dovuto svolgere i compiti di Balzaretti, pur senza essere Balzaretti; dal tizio che doveva giocare come Nocerino, ma non è Nocerino, al centrale difensivo che avrebbe dovuto fare Barzagli, ma...indovinate cosa non è?!

 

Qualunque sia il risultato del match contro l'Irlanda di lunedì prossimo, qualsiasi sia il destino di questa Nazionale, si è già certi che qualcosa non è andata per il verso giusto.

 

Non importa l'ultimo risultato, figlio dell'unico tiro in porta subito, è una questione di numeri e di clima; quello gelido e dannatamente pacato che si percepisce ad ogni istante che si sofferma attorno questa spedizione, come le ultime.

 

 

Sarà magari colpa del clima che percepiamo noi, a qualche migliaio di km di distanza. 

[Nota a margine] Alla nostra età, “poco” esperti per esprimere pareri, negativamente cinici per non cadere nella retorica, da generazione di mezzo nella storia, senza né uno scopo né un posto, è dura esprimere giudizi. Anche i più banali.

Così si prova addirittura imbarazzo pure nell'esprimere un parere in merito ciò che la tv di Stato ci propina. Lo si prova perché si ha paura di cadere nel “già detto”, come nel pregiudizio. Lo si prova perché non si vuol credere che vi sia raccomandazione valida e possibile per essere presenti a condurre o commentare una partita; pur non riuscendo a capire quale sia la strada alternativa per queste decisioni.

Lo si prova perché noi, tanto banali, quanto poco originali, riusciamo a invocare in coro la cronaca radiofonica nazionale, anch'essa retrodatata e poco moderna ma in grado di comunicare emozioni; riusciamo a invocare la telecronaca delle tv a pagamento, a volte eccessivamente folkloristica e poco spontanea, ma in grado di comunicare emozioni, riusciamo a invocare le nostre telecronache “tra amici” pure da sbronzi, ma di certo più emozionanti di quelle attuali. 

Non ci spieghiamo come faccia certa gente ad essere ancora oggi l'apice del giornalismo italiano, ma soprattutto come il resto del mondo rimanga a guardare mentre questa classe giornalistica ci impone di crederlo. Quando sappiamo che basterebbe mettere il naso fuori dai polverosi studi televisivi tutti Quiz e Carosello per accorgersi che i tempi cambiano.

 

Sarà il clima nel suo complesso che non ci emoziona, ma sembra giunto il momento di parlare realmente di rivoluzione nazionale. Sotto tutti gli aspetti.

 

Fabio Guzzo