Nella vita, certi treni, vanno presi al volo. Ma sia chiaro: l'ultima cosa che vogliamo fare è giudicare la scelta di Simone Verdi. Avrà avuto di certo delle valide motivazioni, magari alcune di queste non sono nemmeno state (volutamente) palesate alla stampa nazionale. E probabilmente il diretto interessato avrebbe anche da ridire, come già fatto ai microfoni di Sky Sport, sul titolo di quest'articolo. "Non ho detto 'no' al Napoli, ho semplicemente preferito restare a Bologna fino a giugno, una scelta da onorare a prescindere dal club che mi avrebbe cercato", il messaggio lanciato che questa mattina avrà fatto felici i tifosi felsinei e i tanti fantallenatori che speravano in una sua permanenza. Come detto, non è nostra intenzione cercare di sviscerare o - peggio ancora - andare a contestare le ragioni che lo hanno portato a preservare lo status quo delle cose. Quello che però possiamo (e dobbiamo) fare è analizzare il più classico dei 'what if', vale a dire che cosa e quanto Verdi ci avrebbe guadagnato, ovviamente soltanto sotto il profilo tecnico e delle ambizioni, se avesse ceduto al fascino di Partenope. Sono almeno cinque i punti a sostegno di questa tesi: scopriamoli insieme.

1) CRESCITA PROFESSIONALE - Con tutto il rispetto per la piazza di Bologna, ma il progetto del Napoli è in pieno svolgimento ed è destinato a crescere ulteriormente. Tutta un'altra cosa: questione di obiettivi, di blasone, di visibilità dentro e fuori i confini nazionali;

2) SOGNO TRICOLORE - Non capita a tutti passare, da un momento all'altro, da una salvezza tranquilla alla possibilità di giocarsi lo Scudetto fino a fine maggio. Se tutto andasse come all'ombra del Vesuvio ognuno si augura (per i lettori partenopei sono ammessi gesti scaramantici), immaginiamo la faccia triste e sconsolata di Verdi che, da casa sua, guarda in tv le immagini di giubilo in Piazza del Plebiscito. Una festa a cui avrebbe potuto prendere parte, magari persino prendendosi qualche merito con ipotizzabili e plausibili gol decisivi in corso d'opera;

3) MOLTIPLICATORE SARRIANO - Con sei gol e cinque assist (e una fanta-media di 7.48) lo specialista di Broni è già nel pieno della sua più prolifica annata in carriera. Che cosa sarebbe successo a Napoli? Certo, non avrebbe avuto lo stesso minutaggio che gli garantisce Donadoni, ma sarebbe sicuramente stato utilizzato con elevata frequenza a gara in corso (anzi, forse quasi sempre) e, prestazioni alla mano, magari avrebbe permesso a Callejon o Insigne di riposarsi in alcune gare per partire dal 1', senza dimenticare anche la vetrina Europa League in cui avrebbe trovato spazio a occhi chiusi. Sarri non ruota moltissimo i suoi uomini migliori ed è un dato di fatto, ma l'aver provato in prima persona a convincerlo sul trasferimento avrebbe dovuto far riflettere anche gli addetti ai lavori circa le sue reali intenzioni nel mandarlo in campo spesso e volentieri, specie perché si tratta di un giocatore che il tecnico azzurro conosce bene;

4) NIENTE MONDIALI - Se a giugno l'Italia avesse dovuto imbarcarsi sull'aereo per la Russia, forse oggi non staremmo assistendo a tutto questo. Sarebbe stata una scelta ampiamente condivisibile, della serie: a Bologna ho il posto da titolare, quindi più chance per mettermi in mostra e convincere il ct a convocarmi. Ma dal momento che gli Azzurri ai Mondiali non ci andranno, le personalissime ragioni del 'no' sono ovviamente da ricercare altrove. E, ripetiamo, non è detto che Verdi le voglia esporre a tutti;

5) L'EREDE DI CALLEJON - Callejon compirà 31 anni a febbraio, Verdi 26 a luglio. Poco più di cinque anni di differenza, uno scarto che nel calcio è pressoché un'era geologica. Il Napoli si sarebbe già ritrovato in casa l'erede dello spagnolo, l'esterno pavese avrebbe pazientemente atteso il momento giusto per guadagnarsi sul campo, a tutti gli effetti e senza alcuna interferenza e/o obiezione un top club, senza la necessità di fare altra gavetta. Un vero peccato. Per entrambi.