Totò ha allevato decine di generazioni. È il potere in dote ai secoli quello di attraversare un’epoca in lungo e in largo, aggiustando ragioni e sentimenti, confortando i dolori, cantando le gioie e, poi, con una forma misteriosa di discrezione, chiudere la porta per dire addio.
Totò ha educato a un genere di ironia che è nelle abitudini, nelle gestualità, nelle ispirazioni diffuse e segrete del dire e del fare. Incontri un amico che ha visto mille volte i suoi film? Basta un pretesto, una scintilla e Totò parla il suo verbo. Nella Napoli discreta, raffinata, popolare, essenziale, non c’è spazio, non c’è angolo, non c’è trucco, non c’è verità che non sfuggano alla traduzione in Totò.
Totò ha coniugato la vita, restituendo all’arte un nuovo dizionario delle miserie, dei dolori, dei vizi e della solitudine. Totò è la pazienza con la sensibilità dell’orfano Marcellino, è l’imbarazzo del furfantello costretto a nascondere la verità alla sua famiglia, mentre Aldo Fabrizi lo insegue per tutta Roma e per un film intero. Quello non è l’inseguimento a un uomo, quella non è la fuga di un ladro. Quella è la corsa disperata di due maschere che si portano dietro folle sterminate di uomini, di storie, di epoche trascorse e ancora da venire.
Totò è la carità esercitata dietro l’angolo della strada, fatta di nascosto, e non per chissà quali ragioni da retorica del riserbo, ma perché la carità è fatta pure di vergogna, pure dell’imbarazzo che si sente davanti a chi ne ha bisogno. Totò è la misura di quell’imbarazzo, è il colore della faccia al cospetto dell’umiliazione. Totò è tutte le tonalità del rosso, è tutte le tinte del pallore, è tutto il biancore della fuga e del nascondiglio.
Totò è il burattino di Che cosa sono le nuvole?, Totò è la miseria dell’uomo vessato dal suo “caporale”, Totò è l’interrogativo sulla parola libertà, è il filosofo involontario di Pasolini. Totò è il primo e l’ultimo film di un cinema che non è ancora cominciato. Totò è la fine che nel giorno del suo funerale viene salutata come l’inizio.
Totò è come quel momento che viene a farti visita quasi ogni giorno, durando poco, come quello che si prova per gli affetti che non hai più.