Sono le 19.30, nessuno scrive di Donnarumma da 8 minuti netti, e questo è inaccettabile. Tranquilli, provvediamo qui.

Esaurito in breve l’umorismo su una vicenda che spunti di umorismo ne offre ben pochi, e amarezza tanta, il tentativo di mettere in ordine pochi paletti al netto di strategie, piani diabolici e uscite fantalegali obiettivamente risibili (certo, il colpo geniale della violenza morale nel caso qualcuno decidesse di inventare il FantaContratti sarebbe degno di un bel +6 di bonus) è paradossalmente piuttosto semplice.

Un paletto, ad esempio, è ben piantato da questa estate nel terreno, e la sua stabilità esce evidentemente rafforzata dall’iniziativa del clan Raiola, e avvocati annessi: la sensazione che quest’estate il grande sconfitto fosse l’agente di Donnarumma, a maggior ragione per l’inesistenza della clausola rescissoria, che era l’unico escamotage del procuratore (certo, al netto di colpi di scena da fantalegal thriller) era evidentemente corretta. Donnarumma scelse di restare, scelse (comunque profumatamente, per la gioia di retorici con le tasche altrui) l’appartenenza, in contrasto con l’idea del suo agente. Per giunta, senza l’exit strategy della clausola, vitale come il pane per Raiola, e per le sue tasche, sulle quali ahinoi vediamo fare molta meno retorica.

Di qui al secondo paletto: sarebbe stato da ingenui credere che il procuratore incassasse sconfitta alla maniera gradita con cui incassa provvigioni milionarie, e c’era da attendersi il grande ritorno. Puntualmente messo in atto, confidando su una reazione di pancia del tifo milanista. Impercorribili gli appigli legali, c’era da rendere l’aria irrespirabile per Donnarumma, per spiegargli quanto sia saggio e intelligente cambiarla, a questo punto, l’aria. La reazione, logica, comprensibile, quanto poco saggia, del tifo milanista (o meglio, va detto, di tre o quattro migliaia di rappresentanti del tifo milanista) c’è stata. A rovinare i piani per la nuova exit strategy di Raiola ci si è messo l’arcinemico Mirabelli: le dichiarazioni  del ds milanista nel postpartita di Coppa Italia, se non altro a livello di basilare strategia, sono molto chiare. Il Milan non si presterà, il Milan mangerà la foglia, il Milan (va riconosciuto) ha reagito molto meno di pancia rispetto alla sua tifoseria.

E poi, strategia a parte, resta ancora, forse, la parte legata al cuore, per quanto possibile. “Al momento della firma è stato lo stesso Donnarumma, con la famiglia, a non voler sottoscrivere la clausola. Perché ama il Milan, perché voleva tutelare il Milan, per dargli più potere sul mercato, non si sa”, racconta a Radio 24 Marco Bellinazzo, non esattamente uno sprovveduto. Donnarumma, il ragazzo di 18 anni Donnarumma, parla poco, è vero. Il grosso della sua comunicazione lo delega al comportamento non verbale. Baci agli stemmi sociali, ad esempio. Quelli imputatigli dal tifo milanista questa estate. Comportamento non verbale anche quello di ieri sera. Le lacrime, per iniziare. Abbastanza decifrabili di uno stato d’animo, abbastanza chiare nei significati, a meno che non provenienti da un talento degno di diploma all’Actors Studio di New York. La testa scossa, poi: ecco, per cosa Gigio scuoteva la testa ieri sera, infilandosi nella sua porta tra i fischi dei suoi tifosi, con in faccia quell’espressione molto “Lo sapevo”? Pensando a chi scuoteva la testa? Con cosa era in disaccordo? Con quei fischi? Oppure?

E si va svelti al terzo, e forse più fondamentale paletto in queste ore, aleggiante già sulle teste di tutti i protagonisti di questa vicenda fin da questa estate. Estate che, firma o non firma, cuore o non cuore, non era stata stagione per romantici e ingenui. Era stata la firma su un romanticismo in libertà vigilata. Anzi, condizionata: l’intenzione per il tifoso milanista, intiepidito più che fiaccato dalla vicenda, era quella di stare a vedere, monitorare, capire. Con una certezza: con Raiola, firma o non firma Donnarumma non sarebbe mai stata una bandiera. Non la bandiera che i milanisti avrebbero voluto. Si va in flashforward a queste ore, quelle in cui, puntualmente, la resa dei conti è qui. Ecco quel che chiede il tifoso milanista a Donnarumma, prevedibilmente già dopo l'estate, adesso improrogabilmente: mollare Raiola (quanto dannoso per il ragazzo non stiamo qui a sottolinearlo, non ingrossiamo più del dovuto il già ricco fiume della retorica) e ricominciare da capo insieme. O andarsene. I tifosi hanno visto quelle lacrime, e in queste ore hanno deciso di andare a vedere, come una partita a carte, consistenza, verità e valore di quelle lacrime. Chiamando il loro Gigio, se c’è un loro e non solo l’oro, all’all-in. Lo stesso all-in, rischiosetto (visto, si dice al poker) giocato da Raiola a mezzo stampa, in questa torrida settimana di dicembre, sulla pelle di un talento di 18 anni, del quale teoricamente dovrebbe curare gli interessi, per quello che dovrebbe essere il suo ruolo. No, dai, fermiamoci qui. Tutto l’umorismo ce lo eravamo giocato già all’inizio.