Tutti meravigliati, tutti indignati, tutti incazzati. Tutti con tutte le ragioni di questo mondo. Tutti sanno anche qual è la genesi di questo disastro, anche se in pochi hanno il coraggio di dirlo o scriverlo, tanti altri invece punteranno il dito contro queste logiche perché fa comodo, perché si commette il solito errore di pensare che sia solo una questione di tifo o "bassezze" del genere: il sottoscritto l'ha detto in tempi non sospetti, l'ha ripetuto negli anni anche quando si perdeva un Europeo in finale contro la Spagna, o quando Conte compiva un autentico miracolo con un gruppo Azzurro molto meno tecnicamente valoroso di quello che ieri ha certificato il fallimento di un movimento tutto.
Correva l'anno 2006, stagione primavera, scoppiava Calciopoli: no, non è un voler inseguire ancora cadaveri e fantasmi per lo più sotterrati, ma un voler sottolineare per l'ennesima volta quello che è successo nel tempo. Non voglio difendere Moggi, non voglio difendere Giraudo, non voglio difendere la Juventus, ma quando politici del calcio e giornalisti vari individuarono in quel trio il male del calcio dell'epoca, cullandosi sulla scomparsa di quel cancro pallonaro per sentire finalmente un nuovo vento soffiare sul calcio italiano di fatto si stava cominciando ad organizzare il funerale dello stesso. Nessuna capacità di programmazione, o semplicemente organizzazione, concorrenza appiattita sulla mancanza di un competitor di livello, e a cascata tutto il resto che ha portato sino all'arrivo di Tavecchio al vertice del Palazzo ed un c.t. come Ventura che, con tutto il rispetto per la sua comunque rispettabilissima carriera, quel ruolo non lo meritava neanche per gentile concessione. Un esempio su tutti per non andare troppo indietro nel tempo a ripetere cose già dette più o meno recentemente: giocarsi la qualificazione al Mondiale con due calciatori che - mettendo da parte il loro valore assoluto - avevano complessivamente raccolto 29 minuti di gare Azzurre da tre punti spiega bene qual è il grado di confusione che ha travolto il progetto del c.t. ancora in carica negli ultimi mesi.
Un cammino di più di undici anni che ha visto una guerra neanche tanto velata fra i due organi che dirigono il nostro calcio: la Figc da un lato, la Lega Calcio dall'altro, una pazzesca e deleteria guerra fra poveri di due enti rappresentati da soggetti che evidentemente non hanno saputo cogliere le giuste decisioni, le giuste svolte, gli evidenti segnali lanciati dal campo, complice una stampa più concentrata alle polemiche anziché ad una costruttiva e decisiva analisi delle cose. Non è esente da colpe neanche il governo ordinario, e non accetto i soliti luoghi comuni che vorrebbero che il calcio venisse considerato solo un gioco: il calcio non è (solo) un gioco, è un'industria, è un mercato, il tutto volendo trascurare il lato romantico legato alle passioni dei tifosi. Un abbandono o un interessamento parziale inaccettabile, ora nel corso di quest'ultimi undici anni, ed anche undici anni fa.
L'inizio della fine che fa male ai Buffon, ai Barzagli, ai De Rossi (dolorosissime le loro lacrime nelle interviste post-partita), che fa male ai tifosi, che dovrebbe fare più male di tutti a coloro che dovrebbero porgere dimissioni immediate dopo aver scavato sino al raggiungimento del fondo del barile. Adesso lo spazio se lo prenderanno prepotentemente i professoroni del "stop agli stranieri" e cose del genere, come se altrove (Germania, Spagna, Francia, ecc.) fosse questo il problema: chi avrà il coraggio di guardare le cose in faccia e tentare di costruire un degno piano di ricostruzione? Ci vorrebbe tanto tempo, la sensazione e l'incubo (che è peggio) è che nessuno sia in grado di prendersi queste responsabilità.