Lo Stato non patteggia con i “delinquenti”. È un imperativo categorico che abbiamo sentito proferire innumerevoli volte dagli eminenti rappresentanti dei vari governi sparsi per il globo. Dimostrazione di forza (dicono). A volte condivisibile, altre solo un'occasione persa per trovare un accordo, un compromesso con l’unica finalità di evitare ulteriori perdite. Figlie e vittime di un sistema che ha saputo accoglierle tra le sue braccia, per poi immolarle sull’altare dei propri biechi interessi. Nella stanza dei bottoni tutto assume connotati molto più semplici. Come in un videogioco si sacrifica una vita per superare il livello. Purtroppo per i comuni mortali la realtà non funziona così e, posti davanti ad una minaccia (fisica o meno), calibrare la reazione in funzione dei rischi e dei vantaggi appare certamente la soluzione più logica.

 

Con il deferimento del 12 Settembre 2012 la Procura Federale della FIGC ha colpito, sulla base della violazione dell’articolo 1 del Codice di Giustizia Sportiva, ben 16 giocatori che, nel corso della nota partita Genoa – Siena del 22 Aprile scorso, erano tesserati per la società Ligure. Oltre a tali atleti sono stati deferiti, per la violazione del medesimo articolo, il presidente Preziosi ed il dirigente accompagnatore Francesco Salucci. Diretta conseguenza è il deferimento della società per responsabilità diretta e oggettiva.

 

Cosa è avvenuto nel match del 22 Aprile scorso?

 

Dopo una lunga serie di risultati negativi che rischiavano di condizionare la permanenza del grifone nella serie A, Il Genoa incontra in casa un Siena in forma. Il risultato si mette subito male e la fazione più calda della tifoseria ligure perde la testa. Una feroce contestazione porta alcuni esponenti del tifo rosso-blu a bordo campo e, sulla scorta del coro “non siete degni di questa maglia”, intimano con forza (anche fisica) a tutti i giocatori di sfilarsi la casacca perchè non meritevoli di tale onore. Si susseguono scene assurde. Un Mesto in lacrime è il primo a soddisfare le richieste dei facinorosi. Il resto dei compagni, dopo un vano tentativo di dialogo, costretti dalle minacce, seguono l’esempio.
Per tale clamoroso episodio il Genoa è stato ovviamente punito, per responsabilità oggettiva, con la squalifica del campo per due giornate sulla base dell’articolo 4 del Codice di giustizia sportiva (“...le società rispondono oggettivamente dell'operato e del comportamento dei propri sostenitori... sono responsabili dell'ordine e della sicurezza prima, durante e dopo lo svolgimento della gara...).
Dopo quasi 5 mesi la Procura Federale ha emesso gli ulteriori deferimenti su riferiti.  

 

Quali sarebbero le violazioni commesse dai giocatori e dai dirigenti?

 

Il maxi deferimento della Procura federale riferisce, come già detto, della violazione dell’art. 1 del Codice di Giustizia Sportiva. L’articolo stabilisce che “le società, i dirigenti, gli atleti ... sono tenuti all'osservanza delle norme e degli atti federali e devono comportarsi secondo i principi di lealtà, correttezza e probità in ogni rapporto comunque riferibile all’attività sportiva”.

 

A parer di chi scrive la motivazione posta alla base del deferimento, più che fondare una sanzione per una concreta violazione, appare in realtà la reazione rabbiosa di un luogotenente deluso dalla codardia dei propri soldati, che hanno preferito la ritirata alla dura lotta contro il nemico.

 

Tutti i soggetti deferiti devono, infatti, rispondere di tale violazione “per aver deciso e, comunque, consegnato, durante la gara Genoa - Siena (interrotta a causa di una contestazione organizzata da un manipolo di sedicenti tifosi), le magliette di giuoco cedendo così ad un’illegittima pretesa e di fatto legittimando un comportamento violento, intimidatorio ed aggressivo da parte dei medesimi sedicenti tifosi”. Al presidente Preziosi e al dirigente Salucci si contesta il fatto di "aver invitato e, comunque, consentito che i propri calciatori consegnassero le magliette di gioco".
Il deferimento, così come è argomentato, appare quanto meno una forzatura. Senza giri di parole, viene sanzionata la mancanza di coraggio dei giocatori del Genoa, e dei suoi dirigenti, i quali non avrebbero dovuto cedere alle minacce, verbali e fisiche, dei propri presunti sostenitori. Tutto molto semplice. Comodamente seduti a casa. La prospettiva cambia quando si è vittime dirette di tali minacce. Come direbbe Manzoni non tutti son cuor di leone. Sanzionare 16 ragazzi perchè non hanno corso il rischio di essere pestati da un folto gruppo di invasati? Assurdo. Non è certo competenza dei giocatori in campo mantenere l’ordine sugli spalti. L'unica posizione un pò ambigua risulta quella di Sculli. Secondo la Procura lo stesso era a conoscenza del progetto di contestazione e delle sue modalità. E' ovvio che se fosse adeguatamente documentata questa affermazione i rischi corsi del giocatore calabrese sarebbero grandi. Si potrebbe, infatti, prospettare una condotta tesa ad "agevolare la alterazione dello svolgimento della partita". In poche parole: illecito sportivo.

 

La questione, in realtà, andava analizzata da un altro punto di vista. In cosa erano impegnate le Forze dell’Ordine nell’intervallo di tempo in cui gli ultras lasciavano la curva per accedere ai bordi del campo di gioco?

 

Come già riferito, il Genoa ha pagato con le giornate di squalifica del campo il comportamento violento dei suoi presunti tifosi. Ipotizzare un'ulteriore sanzione per la medesima questione, suppur osservata da una altra prospettiva, peraltro irrazionale, significherebbe violare numerosi principi posti alla base del diritto moderno.
Ne bis in idem”: letteralmente non due volte per la medesima cosa. Il broccardo latino stabilisce che un giudice non può esprimersi due volte in merito alla medesima azione.
La logica invita, pertanto,  i “veri” tifosi del Genoa all’ottimismo.
Per quanto riguarda la totale irrazionalità delle responsabilità attribuite ai giocatori e ai dirigenti, si è ampiamente discusso.
Una vecchia canzone di Daniele Silvestri (Testardo) diceva “so tenace perchè alla gente piace, ma è evidente che con un coltello mi puoi fa cambià opinione, so tenace ma mica sò coj...ne”.

 

Avv. Cristian Zambrini (www.studiolegalezambrini.it)