di Fabio Guzzo

 

 

Date il Gre-No-Li a Inzaghi e il Milan di oggi a Guardiola, poi ne riparliamo.

 

Il duemilaquindici porta ispirazione e dopo quattro mesi dallo stesso e circa nove mesi dall’inizio del torneo, anche Zvonimir Boban ha avuto la lucidità di dirlo, e senza giri di parole. Diretto, freddo, rubando la scena e svuotando il poco colorito schedario di domande possibili. Con la stessa lucidità e lo stesso gelo che lo contraddistinguevano in campo, magari stimolato dal ricordo di quella dinastia Maldini appena ascoltata dalla incantevole arte di Federico Buffa.

 

Lo ha detto: il Milan è scarso. Scarso! Detto così non puoi mettere in dubbio il suo pensiero o sindacare sul possibile velato doppio senso. Non puoi chiedergli come imperturbabili, tuttavia, fanno i suoi diretti ascoltatori, cosa intendesse. Ha semplicemente sottolineato la pochezza di un Milan che non c’è più.

In studio, dopo un iniziale scetticismo, sono tutti dalla sua; un plotone d’esecuzione pronto a scagliarsi contro Inzaghi che vuol prendere il merito di anticipare proprio l’ormai imminente serrato confronto Zvoni-Pippo.

Non accadrà mai, perché quel codice rossonero che parte dagli anni ’60 e giunge fino a oggi esiste ancora. Zvonimir, in altre parole, non fa che ripetere a Inzaghi ciò che gli avrebbero riferito a minuti. Non si sbilancia, rischia ma non esagera. Grazie Samp e grazie Milan. Ci avete restituito, per poche ore, il Boban rossonero che abbiamo amato.

 

Qualche ringraziamento in meno ai suddetti per il Galliani pre gara, quello che sempre sulle note del sempre suddetto Buffa, si dice soddisfatto qualunque cosa accada. Lui lo sa cosa accadrà, o meglio sa ciò che non vedrà mai, un Milan in grado di battere la Sampdoria di Mihajlovi?. E per fortuna! Perché se quel palo di Suso avesse avuto più fortuna saremmo già in Europa, quella che conta, con uno scudetto irraggiungibile solo per gli infortuni, ultimo quello di Destro, un uomo diventato fondamentale appena indisponibile, un uomo che, augurandogli tutta la fortuna di questo mondo in un futuro prossimo calcistico, è stato e sarà utile al Milan come il famoso due di coppe alla briscola o per essere più attuali come Armero ai primi sei mesi di Inzaghi.

 

Dunque c’è lui, Filippo Inzaghi, che continua ad andare in tv, pre e post gara portando con se sempre gli stessi errori, riuscendo nell’impresa di superare l’assenza di personalità dimostrata in panchina dinanzi le telecamere. Spostando subito l’attenzione su altro, roba che se lo facesse di proposito, sarebbe Campione d’Europa tra massimo tre anni.

Eppure non dategli colpe non sue, limitatevi a riconoscere i suoi errori. Filippo Inzaghi allena il peggior Milan degli ultimi 30 anni, un Milan che ormai inevitabilmente abbandonerà la famiglia Berlusconi.

 

Il tifoso milanista non vuol credere a tutto ciò e trova il capro espiatorio, che poi le sue colpe ha e pure tante ma che con il trio olandese adattato al primo decennio del 21.o secolo sarebbe campione d’Italia proprio come chi oggi lo critica e domani lo osanna. Si ritrova una squadra che, allenata dai migliori allenatori del mondo e della storia, non potrebbe superare l’8.o posto. Perché è una squadra da metà classifica, una squadra che nel 10.o posto trova la sua ideale collocazione.

 

E’ il Milan di oggi, costruito sulle ceneri degli altri club e sulle rovine di ex giocatori, il Milan che si permette il lusso di rivendicare il diritto dei parametri zero per averne indovinato uno dopo un’imbarazzante sfilza di errori clamorosi.

E’ il Milan che saluta la sua attuale dirigenza in attesa di lidi migliori.

E’ il Milan, non il Milan di Inzaghi, è il Milan di oggi e questa è e sarà la sua dimensione.

In attesa, magari, che torni la dinastia Maldini. Sperando, magari, che un giorno Buffa ne racconti un’altra che non si fermi a Paolo calciatore.