Quando guardo una conferenza stampa in tv di un allenatore, di un calciatore, di un presidente, o comunque un uomo di calcio, dopo la noia, il secondo pensiero va a quello che c’è dietro. Sì, alla fuga della prospettiva.
Già, la prospettiva. Vi è mai capitato di guardare da qualche parte e, in via del tutto incidentale, qualcuno fa interferenza, convinto che in quella eclisse casuale e provvisoria, sia lui la destinazione? Allora inizia a rispondere allo sguardo, e non è semplice far capire che in quel momento non state guardando lui. Ci sono figuranti che non si rendono conto della prospettiva, troppo impegnati a cogliere il momento per vivere l’ebbrezza dell’egocentrismo.
La vanità annulla il loro senso dell’osservazione, e annulla pure la prospettiva. Eh sì, perché secondo me la prospettiva deve averla scoperta qualcuno che non amava stare al centro dell’attenzione. Qualcuno che ha voluto avvisare il mondo che può capitare spesso di trovarsi in mezzo al cono d’ombra e solo per puro errore vanitoso ci si sente punto d’arrivo di un’osservazione. Dietro le spalle il mondo continua, non si ferma reggendoci a una parete immaginaria dove niente può finire se non nella nostra direzione.
E nel pallone è una cosa che succede spesso. Tranne che i tabelloni degli sponsor, gli oratori delle conferenze stampa parlano come se dietro non avessero nient’altro che le proprie idee ipocrite e fasulle, che niente li abbia condizionati, che nessuno li abbia addirittura costretti a scelte e decisioni, oppure che loro stessi non si siano imposti di nascondere la verità a tutti i costi.
E allora, escluse rare eccezioni, vuoi da uno studio televisivo, vuoi da una sala stampa, o dal salotto di casa allestito per la video conferenza (abbondano gli strumenti per il signor web) te li ritrovi tutti con quel fare da televendita, misto a quella presunzione e arroganza in abiti di pacatezza. Non pensano che qualcuno possa provare a pensare che dietro il loro monologo ci sia dell’altro, che non trova la scritta game over sul pannello pubblicitario scorrevole, ma nelle verità che non sono state dette e le bugie che sono state fatte passare per verità.
È la fase politica del pallone, raccontarsi nudi e crudi facendosi passare per vittime sacrificali o eroi della domenica.
Pochi allenatori, pochi calciatori, pochi uomini di calcio hanno saputo fare la differenza pure da lì, da quel luogo che si usa per una ventina di minuti, che pare servire solo per roba da routine, ma che, come per molte altre cose, è il momento dove si finisce o per essere interferenza in una prospettiva, oppure reali e accecanti destinazioni. Il secondo caso è assai raro. Il rischio è l’effetto collaterale dell’ipnosi collettiva. Nessuna ricetta in tasca. Chissà, che valga il suggerimento del Professor Keating ne L’attimo fuggente. “È proprio quando credete di sapere qualcosa che dovete guardarla da un’altra prospettiva”.
Elio Goka