"Soldi, soldi, soldi, tanti soldi

Beati siano i soldi

I beneamati soldi perchè

Chi ha tanti soldi vive come un pascià

E a piedi caldi se ne sta"

In queste poche parole può essere racchiusa l'essenza del calcio moderno. Se un tempo esistevano le bandiere, oggi quei calciatori che rappresentavano un modello su tutti i punti di vista per tutti coloro che si avvicinavano al mondo pallonaro e che non facevano dei soldi(seppur ben pagati) l'unica fonte di ispirazione, oggi sono stati sostituiti da una vagonata di atleti devoti al Dio denaro che si mascherano dietro la canonica frase: "Ho scelto di cambiare aria perchè mi piaceva il progetto".

 

Certamente non è giusto essere prigioniero di una squadra, anche se si trattasse di un top club, ma allo stesso modo sono fuori luogo le varie dichiarazioni di amore fatte con una ipocrisia latente, dove si giura fedeltà eterna alla squadra di appartenenza, nelle quali l'unica vittima è il povero tifoso che investe tante emozioni(ed anche soldi tra tv, stadi e gadget vari).

 

C'era una volta lo "zio" Beppe Bergomi, che da giovincello baffuto nel mundial del 1982 fino al 2000 ha vestito solo di nerazzurro. C'erano i milanisti Paolo Maldini e Franco Baresi, che hanno scelto il Milan nella salute e nella malattia, nella buona e nella cattiva sorte, e di amare e onorare quella maglia tutti i giorni della loro vita, finchè infortuni o età avanzata non li avrebbe, per forza di cose, separati. C'era(purtroppo) lo juventino Alessandro Del Piero che avrebbe preferito ancora vedere il mondo in versione retrò, in bianco e nero, se il suo ormai ex datore di lavoro non gli avesse imposto un aggiornamento forzato a colori. C'è, uno dei pochi superstiti, il romanista nonchè romano Francesco Totti, che nel pieno della sua maturazione calcistica ha declinato un piatto di Jamon Serrano nel centro di Madrid per continuare a mangiare una carbonara cucinata col cuore, all'ombra del Colosseo(De Rossi è quasi come Totti, visto che per convincerlo a restare nella capitale è dovuto intervenire il magro portafoglio giallorosso). C'è l'inesauribile Javier Zanetti, che dal 1995, dopo aver vestito le casacche di Talleres e Banfield, continua a correre con la forza di un ventenne sulla fascia destra sempre con la maglia interista. C'è Sergio Pellissier, che ha preferito il pane&peperoni style della ridente provincia veronese rispetto alle ostriche e champagne che gli venivano offerti in varie città metropolitane. C'è Totò Di Natale, che in rampa di lancio per Torino, sponda Juventus, preferì il bianco e nero della sua amata Udinese, di cui ne è fiero capitano. C'era Roberto Baggio che, nonostante la sua immensa classe, è stato più volte messo da parte da alcuni suoi allenatori e che, a prescindere dalla maglia che indossava, veniva acclamato da tutti.

 

Ai giorni nostri, purtroppo, le bandiere è più facile vederle alle estremità del campo da gioco. Il rovescio della medaglia(tanto per rimanere in tema con il titolo del blog) è rappresentato, come detto in precedenza, da una caterva di calciatori che usano come principale fonte di ispirazione il denaro. C'è Samuel Eto'o che ha preferito la pioggia di milioni dell'Anzhi, mettendo in un cassetto le ambizioni di vincere qualcosa di importante che con l'Inter invece aveva(nonostante i tanti milioni spesi, in Russia continua a spadroneggiare lo Zenit di Spalletti). C'è lo zingaro felice Zlatan Ibrahimovic, girovago del calcio europeo e, soprattutto, italiano, che per un ingaggio migliore sarebbe pronto a rispolverare la frase tipica del suo repertorio: "Ho sempre sognato di giocare con questa maglia". C'è la faccia d'angelo di RIcardo Kakà che, ad un passo da quel Manchester City ancora non affermato come adesso, si affacciò dalla finestra del suo appartamento di Milano mostrando fiero la sua maglia n.22 rossonera rassicurando i tifosi milanisti su una sua permanenza al Milan. A sei mesi di distanza passa al Real Madrid: tralasciando il placet della società al suo trasferimento, perchè illudere i tifosi con dichiarazioni forti del tipo "Vorrei diventare il capitano del Milan"? Non ultimo è il caso recente di Thiago Silva. Il centrale difensivo brasiliano, forse il più forte al mondo, potrebbe passare al Psg. Anche in questo caso ci sono delle analogie con Kakà. Thiago dichiarò di voler diventare il capitano dei rossoneri: anche qui, tralasciando i soldi che il Milan potrebbe incassare, che siano stati i quasi 10 milioni di euro a stagione a far vacillare il campione brasiliano?(Adesso ne guadagna 4,5, mica spicci).

 

Molti basano le proprie scelte in base all'ingaggio offerto. Ragionamento sensato se si parla di calciatori che hanno ingaggi al di sotto del milione di euro o che si avvicinano al minimo sindacale. Tra 5 e 10 milioni di euro annui, sostanzialmente, la differenza è poca: il problema di restare al verde non esiste. Ci sono famiglie che campano con 1500-2000 euro al mese(se va bene): in questo caso, 1000 euro in più farebbero la differenza. Ed è proprio questo che rende un calciatore una bandiera: mettere da parte il denaro(si parla dei privilegiati, alias calciatori di Serie A) per lasciare spazio al cuore.

 

Se un giorno dovessi trovarmi a parlare di calcio con qualche bambino curioso di saperne di più, gli parlerò di Totti, di Maldini, di Del Piero. Insomma, vere favole calcistiche: c'erano una volta le bandiere.

 

Antonio Pellegrino