Durante la partita Verona-Napoli è apparso uno striscione nella curva veronese. C’era scritto “Napoletani figli di Giulietta”. Lo sfottò veronese è stato un chiaro riferimento al celebre “Giulietta è una zoccola”, esposto dai tifosi napoletani molti anni fa, con l’intento di “offendere” uno dei personaggi più noti della letteratura shakespeareiana, come viatico allo sfregio riservato alla Verona dove è ambientata la tragedia del drammaturgo inglese.

 

Il Giulietta è una zoccola fece il giro del mondo, sberleffo talmente efficace e geniale da indurre molti a considerarlo lo striscione più fantasioso mai esposto in uno stadio di calcio. Uno striscione campione, per dirla in termini pallonari.

 

Al Bentegodi, in occasione del ritorno in A di una sfida tra vecchie rivali, i tifosi del Verona hanno “ben” pensato di preparare la risposta al vecchio “oltraggio” teso dai napoletani ai tempi del Napoli di Maradona. Ecco, il siete tutti figli di Giuletta (per essere divertente, è divertente) ha voluto chiaramente definire la maternità partenopea, con rimando altrettanto oltraggioso, ma in qualche modo nei “canoni” dello sfottò calcistico, che, si sa, bada a raffinatezze formali, ma non certo di contenuto.

 

L’unico problema per la simpatia veronese è quello di non essersi resa conto di aver insultato se stessa, e non perché lo striscione sia di chissà quale volgarità, ma perché la frase ammette indirettamente, dandolo per scontato, che Giulietta sia una prostituta, sputtanando l’eroina di Shakespeare per il solo gusto di respingere in qualche modo il vecchio striscione dei napoletani. Per la serie, sì, siamo d’accordo, “Giulietta è una zoccola”, ma voi siete tutti figli suoi. La risposta che contiene l’ammissione originaria.

 

Adesso non è che ci mettiamo a fare la semantica degli striscioni o la filologia da stadio, ma un po’ di attenzione si potrebbe pure farla. Si è voluto sfidare uno striscione campione, che porta la firma di una tifoseria che in questo è maestra. È come se in uno stadio qualcuno volesse offendere Filumena Maturano, dandole della puttana per sfottere i napoletani, e la domenica successiva i napoletani, soltanto per rispondere stizziti e offesi, dicessero sì, Filumena è una poco di buono, ma voi siete tutti figli suoi. Sarebbe una respinta da precariato intellettuale, che sacrificherebbe un’icona cara e preziosa in nome di uno sfottò che dipenderebbe comunque dallo striscione originario.

 

Si può fare di meglio, su. E si può fare di meglio senza necessariamente sfidare striscioni campioni, soprattutto per impressionare avamposti di raffinata drammaturgia abituati a ben altre sollecitazioni.

 

Una nota necessaria. Filumena Marturano, protagonista di una celebre commedia di Eduardo De Filippo, nella vicenda rappresentata dal drammaturgo napoletano è proprio una madre che ha trascorsi da prostituta. Non varrebbe usarla come opportunità di rinnovo dell’oltraggio. A Napoli lo sanno tutti, ed è pure una prostituta simbolo di una femminilità perduta, a tratti eroica, quasi da mito femminile. Si farebbe brutta figura se si cercasse di offenderla. Nel bene e nel male, la Napoli creativa offre poche occasioni per farsi mettere in imbarazzo.

 

 

Sebastiano Di Paolo, alias Elio Goka