Chiariamolo: il Milan è un ideale. Il Milan non è una cosa qualsiasi: il Milan è storia, il Milan è immagine. Il Milan è il rispetto di ciò che esso rappresenta.
Il Milan è una cosa che non può essere ridotta, anche nelle difficoltà, anche nella austerity, anche nelle lotte intestine, alla stregua di barzelletta, che attiene ad altre realtà.
Il Milan è qualcosa che non può essere messo a repentaglio dalla voglia di vedere quanto più a largo e senza remi si può andare. Non si può dire: “vediamo un po’ cosa succede adesso”. Il Milan è un diritto alla sobrietà, nella vittoria e nella sconfitta.
Il Milan è un concetto dalle dimensioni tali che non è normale che coesistano, neanche per sbaglio, con una guida tecnica di fatto idealmente esonerata, e ripetutamente, in almeno tre occasioni.
Il Milan è un patrimonio non disperdibile, il Milan può perdere col Sassuolo, ma non può e non deve fare figure indegne col Sassuolo.
Il Milan non può aspettare la sparizione di qualsiasi brandello di credibilità, l’assoluta riduzione ai minimi termini, per sollevare dall’incarico un proprio dipendente. Che ha fatto molto peggio, fatte le dovute proporzioni, di colleghi già esautorati, da società provinciali e in lotta per la salvezza, e dunque con peccati molto più veniali. E certamente non in possesso dell’arroganza necessaria per dire, ad agosto: “forse adesso mi dimetto io”.
Il Milan, e in fondo anche chi lo ha guidato fino alla performance con il Sassuolo, avrebbero avuto, almeno per onore alla gioia condivisa con lo scudetto vinto prima di quello perso, la necessità di una signorile “chiusura di rapporto” in tempo utile, e senza stracci che volano, come avverrà invece questa mattina.
Il Milan ha diritto ad un portiere. Un portiere con una carriera davanti, affidabile, puntuale, magari maldestro e ancora grossolano, ma che induca all’ottimismo riguardo agli anni a venire.
Il Milan non può far scattare, ormai sistematicamente, negli occhi del nuovo arrivato di turno, che sia Kakà o Honda, una espressione che palesemente recita, immalinconendosi in panchina: “ma dove sono capitato”?. Una cosa che una volta si diceva, sì, ma dal senso completamente opposto.
Il Milan, l’ideale che è, l’immagine che, la storia che è, “non può tollerare ancora prestazioni del genere, che continuano a ripetersi”. Rischia di passare alla storia come la prima, importante, rocciosamente incontrovertibile dichiarazione di Barbara Berlusconi nel suo giovane viaggio nel mondo Milan. E fa paura, perchè è una frase, terribilmente vera, che dovrebbe stare in bocca all’ amministratore delegato, commerciale o sportivo che sia, della Dinamo Reykjavik, non del Milan.
Che tristezza, ragazzi. Che tristezza.
Com’era, quel motivetto che abbiamo canticchiato dodici giorni fa? “Tristezza, per favore vai via…”
Ezio Azzollini