Premessa numero uno: i procuratori non mi stanno molto simpatici. Premessa numero due: mal sopporto quei calciatori che si trincerano dietro i procuratori, facendo fare a questi il “lavoro sporco”, continuando a fare la bella faccia davanti ai tifosi. Premessa numero tre: tollero pochissimo l’applicazione di Twitter e/o Facebook (e varie ed eventuali) al mondo del calcio, soprattutto con riferimento alla sovraesposizione mediatica che ricade su determinati personaggi, già di casa nel “prime-time” calcistico (e non). Ultima postilla: pubblicare un tweet, fargli fare il giro del mondo e poi, casualmente, farlo sparire, diciamo che, nella migliore delle ipotesi, non depone a favore di chi si rende protagonista di una “prodezza” del genere.

L’incredibile polverone che si è alzato in seguito ai numerosi comunicati via Twitter da parte della signora Wanda Nara, procuratore, nonché moglie, di Mauro Icardi, rappresenta uno dei punti più bassi che la gestione del rapporto fra una società ed il proprio capitano (!) possa toccare: sia per modi e tempi, ma anche per qualità, pessima, del messaggio. Fatto apparire, poi ritirato – potenza dei social! – dopo un po’ ritrasmesso a “social unificati”, tweet e re-tweet a non finire, interviste, smentite e conferme successivamente ri-smentite. Senza tralasciare poco edificanti tentativi di fare retromarcia (leggi qui): un po’ come il cuoco che cerca di raccogliere dal pavimento una frittata che gli è caduta mentre cercava di girarla, al volo, in padella. Dopo averla abbondantemente pestata. Non sappiamo, nel caso di specie, quanto consapevolmente.

Fra i vari passaggi della commedia in atti andata in scena fra domenica e martedì, probabilmente uno dei quali ha “divertito” anche Piero Ausilio, è stato il riferimento fatto dal procuratore Nara agli ingaggi dei compagni del proprio assistito, Mauro Icardi. Compagni per i quali l’attaccante argentino è il capitano, ossia quello che dovrebbe rappresentare tutti, esserne punto di riferimento, oltre che collante nello spogliatoio.
Questo aspetto, se appaiato alle dichiarazioni rese da Icardi dopo un Bologna-Inter dello scorso ottobre (“Se mi arrivano i palloni, io faccio gol”) dovrebbero indurre una riflessione seria e ponderata circa il valore che la società, unitamente allo staff tecnico, attribuiscono alla fascia di capitano: si tratta di uno strumento per mettere in risalto un calciatore che ha grossa visibilità mediatica, la cui immagine è in forte ascesa e, pertanto, in questo momento in cui si privilegiano i discorsi sul marketing, è opportuno insignire di ulteriori artificiose decorazioni, oppure si pensa che il capitano sia veramente un simbolo?

Di non minore rilievo è la circostanza che ha visto Mauro Icardi in assoluto silenzio durante tutto il can-can scatenato dal proprio procuratore: un suo intervento, anche eventualmente finalizzato a battere cassa, avrebbe chiarito la situazione, evitando di affidarsi a qualche cinguettìo, magari poi cancellato in fretta e furia, come se non fosse mai esistito. Ne faccio anche una questione di rispetto per i tanti tifosi, oltre che della società e della squadra di cui Mauro Icardi è capitano.

Tralasciamo, volutamente, ogni commento sulla polemica spicciola e di basso livello che la signora Nara ha cercato di intraprendere con la società, andando spesso oltre il perimetro all’interno del quale un procuratore dovrebbe stare: questo non fa onore né a lei e nemmeno al proprio assistito.
Fatico a capire a chi giovi rivelare che su Icardi “ci sono Juve e Napoli” (leggi qui): al gioco delle tre carte, applicato al calcio, siamo ormai abituati. Ma qui si sta giocando con due mazzi di carte. Forse senza nemmeno saperle mescolare.

Va, in ogni caso, sottolineata la replica di Piero Ausilio, a margine della presentazione di Caner Erkin: semplicemente perfetta. Per modi, tempi, chiarezza e perentorietà: "Io sono 18 anni che sono in scadenza all'Inter. Nella vita conta la volontà di restare e di fare bene le cose". Capito come funziona?
Il fatto che la società si sia espressa con una sola voce, evitando di andare dietro ad ogni cinguettìo, significa che non c'è alcuna intenzione di assecondare certi comportamenti. E che, anzi, sono mal tollerati, pur evidenziando che non spostano di una virgola la strategia societaria. Fra l'altro, lasciare il centro della scena alla sola Wanda Nara non fa che amplificarne le continue cadute di stile.

Non è dato sapere, viste le tante uscite “social” del procuratore di Icardi, quale fosse il reale intendimento perseguito dal numero nove argentino. Le ipotesi, ovviamente, sono due: aumento o tentativo di forzare la mano per agevolare una cessione? A prescindere da ciò, una cosa è chiara: Mauro Icardi ne uscirà in maniera poco qualificante.
Se si trattasse di un teatrino, peraltro piuttosto mediocre, a dire il vero, messo su per ottenere un aumento su un contratto rinnovato appena 12 mesi fa, l’unica riflessione che la storia, recente e non, dell’Inter ci suggerisce di compiere è che il club nerazzurro non ha mai negato ai propri tesserati il riconoscimento per quanto di buono fatto in campo. Anche con una certa generosità. Soprattutto a chi ha avuto, nel corso degli anni, l’onore di essere capitano dell’Inter.
Se, invece, tutto è finalizzato a mettere, da un lato, la società spalle al muro e, dall’altro, Icardi in cattiva luce coi tifosi, in modo tale che si crei la scenografia perfetta per una farsa nella quale è il popolo nerazzurro che ha messo Icardi nelle condizioni di dover dire addio, l’unico pensiero che mi sento di formulare è che, come recita un antico adagio popolare, "corda lunga, al bue selvaggio".