Accostare la vita del cristiano allo spirito dello sport non è affatto una stravaganza: ?Non sapete che i corridori nello stadio corrono tutti, ma uno solo ottiene il premio? Voi dovete correre in modo da guadagnarlo!... Essi lo fanno per ottenere una corona che appassisce, noi invece una indistruttibile?. (1Cor 9, 24-25)
Ecco 2 concetti-chiave. L'esistenza, come una "gara", presenta sempre una serie di ostacoli da superare. Inoltre, il premio finale non è collocato in questa dimensione terrena, ma in una dimensione Eterna-Felice successiva. La vittoria definitiva, condizionata dal nostro "rendimento", è, comunque, rimandata. Mi ha sempre stimolato paragonare ogni problema quotidiano a una partita di calcio. Scendiamo in campo, infatti, come se fossimo in uno stadio pieno di gente, perché abbiamo tante persone intorno, che ci consigliano una cosa o l'?altra. Non esistono, purtroppo, solo i gol segnati, e cioè i problemi risolti positivamente.
Esistono, infatti, anche i pali colpiti, quando sfioriamo l'obbiettivo, senza raggiungerlo. Esistono i falli, le scorrettezze che commettiamo, o che subiamo, nella ricerca del traguardo. Ed esistono i gol subiti, nel momento in cui non riusciamo ad attuare la soluzione desiderata e progettata. Ma l'aspetto-base è capire che, nelle pause del gioco, in cui è possibile riflettere, dobbiamo guardare verso il nostro Allenatore, in panchina, prodigo di indicazioni per noi. E chi è questo Allenatore, reale, e non virtuale, pronto a essere l?unica guida? Chi può suggerire la scelta giusta da compiere?
Semplice! Colui, che ci ha creati, e che, quindi, ci conosce meglio di tutti, perché segue ogni minuto delle nostre partite: Gesù. Se fatichiamo ad ascoltarlo, è perché non sfruttiamo abbastanza il modo, che ha insegnato, per comunicare con Lui, e per sintonizzarsi sulla Sua Frequenza: la Preghiera. Naturalmente, occorre imparare a pregare, secondo una impostazione ideologica ottimale. La conoscenza della Bibbia (*), come fondamento del dialogo con il Signore, è il sistema per sapere cosa ci chiede, e capire, nel silenzio del raccoglimento, cosa gradirebbe, da noi, in qualsiasi circostanza.
Papa Giovanni II, in occasione del Giubileo degli sportivi del 2000, diede al linguaggio dello sport un valore ecumenico, come se fosse un vero "esperanto". Dire "goal", oppure "Olympic Games", significa farsi comprendere in qualsiasi angolo del mondo. Ciò che sembra dividere, con la sfida, al contrario, unisce.
L'?errore comune è confondere il messaggio dello sport puro con le distorsioni dello sport business. Lo sport puro, in rapporto al Vangelo, è splendidamente pedagogico. Basta pensare al rispetto del prossimo, che non è un rivale-nemico, ma un proprio limite da superare. Al rispetto della ?legge?: rispettare l?'arbitro. Basta pensare alla capacità di vincere, senza mai esaltarsi pericolosamente. Alla capacità di perdere, che si collega direttamente al senso delle Beatitudini. Dalla sofferenza per un insuccesso, nascono sempre un insegnamento per il futuro, e un?ipoteca sul ?premio finale? della Felicità Assoluta.
Proviamo a paragonare la volontà a un arco, e il destino a una freccia, scoccata verso il cielo. La prima parte della traiettoria, ascendente, dipende da noi: dalla direzione che abbiamo stabilito con l?'arco, e dalla potenza che abbiamo impresso alla freccia. In ciò, siamo in grado di condizionare la sorte. La seconda parte della traiettoria, discendente, non dipende da noi, ma dal vento che, in quel momento, attraversa il cielo. Possiamo solo osservare cosa succede, in attesa di sapere dove cadrà la freccia, se vicina o lontana dal bersaglio. E? la sorte, esclusivamente, a guidarla verso la fine del percorso.
Gesù, da un lato, afferma: ?Non chiunque mi dice: «Signore, Signore», entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli? (Mt 7,21). Dall?'altro, insegnandoci il Padre Nostro (Mt 6,9-13), afferma: ?Sia fatta la tua volontà?. Prima c'?è l'?azione (libero arbitrio), poi l?'accettazione. Analogamente, nello sport, ci si impegna per raggiungere un risultato, ma poi occorre accettare il verdetto, perché, se non esistessero un ?primo? e un ?secondo?, non esisterebbe la competizione. Nelle Olimpiadi di Londra, ad esempio, siamo stati primi 8 volte, secondi 9, e terzi 11, subendo qualche torto.
Mauro Berruto, allenatore della Nazionale di pallavolo maschile, medaglia di bronzo: ?la Cagnotto, la Ferrari e Cammarelle, che avrebbero il diritto di recriminare, al di là del dispiacere, sanno che avere realizzato bene il loro lavoro conta più del risultato, legato ad altri fattori, compresi arbitro e giuria?.
Questo modo di ragionare rientra perfettamente nella filosofia cattolica, perché Gesù, guardando al nostro cuore, non ci chiede, per forza, le opere, legate a tante variabili, ma la volontà di compiere le opere. La volontà di essere buoni cristiani, infatti, dipende esclusivamente da noi, ed è ciò che ci salva.
(*) Per capire la Bibbia, e riconoscere tutti i ?segnali stradali?, disseminati nell?arco dei suoi 73 libri, per imboccare, senza sbagliare percorso, la "via della Felicità", ho scritto un libro, il quarto, per le Edizioni San Paolo, dopo ?Viaggio di ritorno?, ?Il mio psicologo si chiama Gesù? e ?Il mio Circuito si chiama Paradiso?.
?Anche la Fede ha il suo alfabeto?
di Carlo Nesti
Edizioni San Paolo
Euro 10,00
Vi invito, con tutto il cuore, a leggerlo. Comincia così...
INTRODUZIONE
Torno spesso, con la memoria, all'?infanzia, quando papà, nei giorni del Carnevale, mi portava al luna park. Affascinava, e, nello stesso tempo, spaventava, un grande labirinto, nel quale si alternavano vetri a specchio e vetri trasparenti. Con gli anni, ho capito che anche la vita è un lungo "labirinto", seducente o inquietante, a seconda delle circostanze. Camminando, a volte, crediamo di avere trovato la strada giusta. Sbattiamo, invece, contro i vetri a specchio, che riflettono la nostra immagine, e, con essa, il nostro egoismo, ricacciandoci indietro. Altre volte, attraverso i vetri trasparenti, scorgiamo che laggiù in fondo, alla fine del percorso, c'è la luce. Allora era bello prendere per mano papà, e farmi accompagnare, non riuscendo da solo, verso quella luce. Ma oggi so che per ciascuno di noi, se lo desideriamo, esiste un Papà Invisibile, pronto a prenderci per mano, per condurci verso la Felicità. E' lo stesso Papà (in aramaico "Abbah"), al quale si rivolge Gesù, quando insegna il "Padre Nostro". Basta
imparare il Suo Alfabeto, lettera per lettera, tema per tema, ascoltarlo, e dirgli, dolcemente: ?Sì?.
Carlo Nesti