C'è voluta la prima semifinale della storia terminata zero a zero, la maglia più brutta disegnata da adidas per gli estremi difensori, il papelito alla Lehmann ed il benestare di Eliana Guercio alla panterona Rihanna ("se vince il mondiale, ti presto mio marito per una settimana"): alla fine pure Sergio Romero s'è iscritto al mondiale dei portieri. El Chiquito, che alla Sampdoria portava treccine alla Iverson e parava rigori ad Alain Baclet e Osvaldo, che fino al mese scorso era il punto debole dell'Albiceleste, che oggi è un eroe nonostante al Monaco sia riserva di Danijel Subaši?, che poi sarebbe il secondo della Croazia dietro allo stagionato Pletikosa. Al mondiale dei portieri ci sono lacrime e lacrime: quelle dell'abbraccio di Pékerman a Faryd Mondragón, che amava Fillol, un altro argentino, ed è stato il più anziano a scendere in campo in un campionato del mondo; quelle di Júlio César, triple, prima e dopo i rigori di Pinilla e Sánchez e post 7-1 tedesco, roba da rimpiangere quell'uscita maldestra di quattro anni fa e l'autorete di Felipe Melo contro l'Olanda, che a portieri può dire la sua. Quel diavolaccio di van Gaal ne aveva combinata una delle sue ai quarti di finale, inserendo il giudice gentiluomo di Den Haag Tim Krul, che educatamente ha informato i costaricensi sulle loro intenzioni dal dischetto come fosse un Cal Lightman qualsiasi in vacanza a Salvador da Bahia. Senza più anima da vender al maligno - che pare non gradire contropartite tecniche - e senza dimenticare che se van Gaal è il diavolo, Sabella è la bestia, Krul è rimasto in panchina per l'amico Huntelaar, col dribblomane Cillessen, zero rigori parati in carriera, a farsi piegare i polsi dal match point di Maxi Rodríguez.
"Scusa ma entro amico, tu non ne hai mai parato uno in vita tua" (Getty Images)
Poteva essere il mondiale di Thibaut Courtois, 21 partite senza sconfitte dall'esordio (2011) col Belgio, almeno fino al collo pieno di Higuain; si consoli, Mou lo aspetta e c'è un certo Messi che proprio non riesce a fargli gol. Chi non si consola è Capello, che dalla papera di Green nel 2010 è passato alle sfarfallate del malinconico quanto ortodosso Akinfeev, sfortunato bambino prodigio che per paura della toska non ha mai lasciato i colori del CSKA ed oggi è, secondo la stampa locale, principale indiziato del fallimento russo. Buffon, ottimo contro Suárez, ha tirato le cuffiette ai giovani che non tiravano la carretta, mentre il miglior imitatore degli stessi giovani dal mondo virtuale, Salvatore Sirigu, in punta di piedi ha difeso la zattera azzurra dai velenosi inglesi all'esordio in Amazzonia. Che strane cose accadono al mondiale dei portieri, si scrivono sonetti sullo spettacolare free-agent per scelta con sei dita - si fa per dire - Memo Ochoa (ci ha comunque lasciato la parata più bella del mondiale), mentre piovono pomodori marci su Iker Casillas, che avrà pure perso il posto titolare in Liga, ma in carriera ha vinto giusto qualcosina. È stato il mondiale dei portieri dell'erba mangiata da Barry Boubacar, prima di Djokovic a Wimbledon, e di Claudio Bravo, futura balia del rampante ter Stegen dalle parti del Camp Nou, dove dicono si muova ancora, quatto quatto, il fantasmone di José Manuel Pinto.
Ragazzi, portieri volanti? (Getty Images)
È stato il mondiale dei portieri coloured, dall'ottimo Enyeama alle groupie del look di James Harden e del fear the beard, anche se poi somigliavano più a Mr. Elam di Hell on Wheels: il camerunense Itandje, Tim Howard, Raïs M'Bholi. Se il primo ha lasciato segno meno dei capelli di Eto'o, le mur de l'Algérie s'è distinto un po' a sorpresa dopo aver vinto il ballottaggio con Zemmamouche: passato una settimana da Sir Alex Ferguson e scartato come novello van der Sar, Raïs il bulgaro difende il fortino dei soldati di Sofia e non disdegna qualche mossa rubata al gioco della porta tedesca. L'americano, re su Twitter con l'hashtag #ThingsTimHowardCouldSave, ha stracciato ogni record di parate nell'ottavo contro il Belgio tanto che il giorno dopo, nei bar italiani, s'ordinava caffè e Tourette. Dimenticata la notte dell'indigesto Costinha e della corsa di Mourinho, Tim avrà certamente alzato la cornetta per chiamare il mentore Milutin Šoški?, senza scatto alla risposta. Coloured - fra scarpini fluo, maculati e divise sgargianti - non è stato l'iraniano di Tehran Alireza Haghighi contro l'Argentina: scarpe nere, calze nere, calzoncini neri, maglia nera, guanti neri persino sul palmo. Ho goduto: chiamatemi nostalgico, se avete il coraggio.
Howard e Haghighi: neri per caso (Getty Images)
Mi sono dilungato e me ne scuso, ma sono finalmente arrivato al mondiale dei portieri più meritevoli, quelli che il prossimo anno giocheranno insieme - che spreco! - nello stesso club. Il secondo, per gradi e anzianità all'Allianz Arena, dovrebbe essere Keylor Navas, che ha portato (niente retorica) la Costa Rica ad un passo dalla semifinale. Battuto dal rigore di Cavani all'esordio, el Halcón, che s'allena con palline da tennis, ha chiuso bottega fino all'urlo di Sokratis Papastathopoulos coi Ticos in inferiorità numerica, ma ai calci di rigore ha ipnotizzato Gekas così, e vorrei ve lo descrivesse Buffa. S'allenerà sotto gli occhi di Pep col nuovo eroe di una nazione per cui - ovviamente - si parla già di Pallone d'Oro, cosa che ad Oliver Kahn portò poco bene nel 2002. Manuel Neuer, der Libero, contro l'Algeria ha fatto vedere al mondo (e a Higuita) cosa significhi lasciare la porta per un bene più grande, rischiando, ma senza ghirigori (chiedere a Benzema) e parate spezza-colonna. Mancano solo le due finali al sipario sui mondiali, ma ora possiamo dirlo: è stato il mondiale dei portieri.
Alan Bisio