"Ciao Alberto,
non mi conosci, non hai minimamente idea di chi ti stia scrivendo. Io, invece, sì. Benissimo. Si può quasi dire che ormai per me tu sia diventato come uno di famiglia. Quanti pomeriggi passati insieme a esultare, quante anonime serate trasformate in improvvisati festini grazie ai tuoi gol!
Te lo giuro, non sono pazzo: fidati di me.
Io c'ero, ero lì con te. Magari non fisicamente, ma la sostanza non cambia. Spesso si può essere più vicini a qualcuno con lo spirito che con il corpo. Questo è uno di quei casi. L'avrai capito leggendo queste poche righe che ti sto dedicando: sono il tuo fantallenatore.
Ma non un fantallenatore qualsiasi, per carità. Io, a te, ci sono proprio affezionato. Ho sempre creduto nelle tue qualità. Sin da quel magico 10 febbraio 2008. Entri, ti metti là davanti, tiro, gol. 20 secondi. Innamorato all'istante. Ancelotti che se la ride, tu che non riesci a comprendere appieno cosa stesse accadendo. L'esordio a San Siro, una squadra leggendaria, campioni a destra e a manca. E poi il ragazzino di 18 anni che fa quello a cui gente del calibro di Pirlo, Seedorf, Inzaghi e Ronaldo, fino a quel momento, non era riuscito. Semplicemente utopico.
Dall'anno dopo, sei diventato mio. Anzi, non esattamente dall'asta successiva. Ho dovuto aspettare prima che trascinassi il Parma in A a suon di gol (12, per la precisione). Ma in fondo, era come se fossi già nella mia rosa. Sì, lo ammetto: faccio parte di quella folta schiera di fantacalcisti che si legano a un giocatore e non lo lasciano più andar via. Che guardano soprattutto (se non esclusivamente) il nome sulla maglia. E solo dopo, molto dopo, i numeri lasciatisi alle spalle.
A proposito di numeri. Sono passati otto lunghissimi anni. Con te ne ho viste di cotte e di crude: dal grave infortunio alla coscia a settembre del 2010 all'exploit col Chievo, dalla dolorosissima toccata e fuga con direzione Swansea (che buco che mi lasciasti quell'anno!) al ritorno in Italia, all'Atalanta.
Già, l'Atalanta. Nota dolente. Non tanto per me, ma per gli altri. Rendersene conto era compito piuttosto agevole: più passavano i giorni, più la gente ti insultava, sui social e magari anche di persona. Certo, non si può dire che sia stata la tua annata migliore. Avresti dovuto giocare al fianco di Gomez, superare il tuo record personale di 13 gol. E invece, alla fine, 13 sono stati solo gli spezzoni di partita disputati, con zero reti e un rigore fallito all'attivo. In men che non si dica sei sprofondato nelle gerarchie offensive. Petagna ne sa qualcosa. Chi ti aveva preso al fanta, pure.
Come però diceva qualcuno ben più illustre di me e di te, "non ti curar di loro, ma guarda e passa". C'è chi mi ha già definito un "testardo sognatore". Niente di più vero. Perché tu, tra un mese o poco più, sarai ancora una volta lì, a mia disposizione. Stesso posto, stessa ambizione. Ti perdono, qualora ce ne fosse il bisogno.
Riavvolgi il nastro, caro Paloschi. Tabula rasa. L'ufficialità del tuo passaggio alla Spal ha stuzzicato la fantasia di molti, disposti a risalire sul carro dei vincitori in caso di annata boom. Ma pronti anche a scendervi in fretta e furia se dovesse arrivare un altro flop.
Io, non sono così. E non lo sarò mai.
Buona fortuna, Albe. E se tutto andrà come spero, a maggio una birra insieme ce la andremo a prendere per davvero".