Dice il vecchio adagio che, quando vinci partite così, che in altre stagioni non avresti vinto e che ti paiono il segno di tempi migliori e la benedizione della sorte, è la vera discriminante tra una stagione zero, e una stagione uno. Vale a dire, la discriminante di quei progetti che lasceranno il segno.

Aveva convinto, a tratti, il Milan di Mihajlovic. Aveva convinto qualche volta, per interpretazione della gara. Aveva convinto più spesso per quel che riguarda l’atteggiamento. Non era stato corroborato dalla continuità., quella bestia mitologica alla ricerca della quale tutti vanno, e che solo qualcuno acchiappa. Mihajlovic, va riconosciuto, qualche seme lo aveva piantato: e, se parli di seme e di germogli, impossibile non pensare a Gianluigi Donnarumma. La bontà del progetto, e dell’autore del progetto, Mihajlovic la sta dimostrando a Torino. Quel che mancò, fu la continuità.

Allora, se vinci partite così, di misura, contro Pescara e Palermo, in maniera non irresistibile, forse fortunata, certamente concreta, non è mai solo per caso. Se il Milan di Montella non si ferma alla grande giornata di Posavec, ma la ascrive alla voce “dettagli”, rispetto al risultato, non è solo per caso. Se l’Aeroplanino trova Lapadula a momento giusto, e Lapadula a sua volta trova la Nazionale un attimo dopo, non è solo per caso.

In altre stagioni non avresti vinto così, contro Pescara e Palermo. In altri tempi non avresti incluso, dopo Niang, anche Suso, nel taccuino dei prestiti riusciti, con l’etichetta, “Fatti le ossa e torni”.

Stupido, per tanto tempo, è stato ignorare quello che non funzionava, nell’ambiente rossonero. Semplicistico sarebbe ignorare adesso quello che funziona, e bollarlo come caso, fato, fatalismo, o, per dirla filosoficamente, culo. Nel tacco di Lapadula non c’è solo culo: nel tacco di Lapadula, su ennesimo tentativo di un Suso che non si arrende a Posavec e al para-anormale, c’è tutto quello che funziona.

E, quando qualcosa funziona, è saggio andarci cauti. A gennaio, forse (forse) saranno vacche grasse, dopo un’estate asfittica, che proprio a Palermo dà i primi, primissimi frutti di mercato. Le vacche grasse che forse (forse) pasteggeranno a gennaio, non devono far andare in corto-circuito quello che di buono c’è. Si sa dove intervenire: a centrocampo, fra serio e faceto, di nomi se ne fanno tanti, per gennaio e per giugno. Fabregas (ma ancora?), il sogno Verratti. Ma non dovevamo coccolarci Locatelli? Non si dovrebbe iniziare a valutare questo Pasalic?

Gennaio, calma e gesso, e nessun corto circuito. Coscienti di cosa ancora manca, ma determinati a non farsi mancare quel pizzico di insistenza e fiducia nella costruzione, che è stato più facile avere fintanto che non c'era nulla da perdere, più complicato adesso, con le vertigini: insistenza, ecco quello che non dovrebbe mancare, in barba ai milioni e alle seduzioni di mercato. Almeno finché questa macchina da volo, messa a punto dall’Aeroplanino, vola da sola, senza pazzie. Con culo, con caso che non è mai un caso, con semi germogliati, ma insomma, si fa apprezzare. Sicuri, che c’è così tanto da toccare?

Ezio Azzollini