Di Monia Bracciali
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Pavel Nedved nasce, per l'anagrafe, a Cheb, in Repubblica Ceca, il 30 agosto del 1972. Pavel Nedved nasce, per gli italiani, il 14 giugno del 1996 ad "Anfield", Liverpool. Il biondino troppo magro e troppo anonimo apre le marcature sancendo la prima sconfitta dell'Italia all'Europeo inglese e incrina lo specchio della vanità tattica di Sacchi che dopo una convincente vittoria iniziale contro la Russia decide di dimostrare come il suo modulo sia superiore agli uomini e che il turnover ha quindi senso già alla seconda gara. Il day after è un'ira feroce contro il Ct italiano e un taccuino da colmare con tutti i frammenti tecnico, tattici, privati sul biondino che adesso è un po' meno anonimo: l'Europa deve sapere.
(Con la maglia della Nazionale ma siamo già nel 1999)
La manifestazione inglese non è per Nedved un trampolino di lancio ma il cancelletto della pista "Streif" di Kitzbuhel. Dallo Sparta Praga alla Serie A, vincendo quasi tutto. Juventus e Lazio sono state come le definisce lui "le squadre più importanti della mia vita" e proprio a Torino si sono incontrate il 31 maggio del 2009 nell'ultima gara da professionista del ceco. Una coincidenza che mette in dubbio la coscienza monoteista di chi crede nel Caso.
Tredici anni di Nedved sono tredici anni di aneddoti e leggende metropolitane sulla sua giornata tipo: gli allenamenti 365 giorni all'anno, le flessioni sul terrazzo, l'arrivo ore prima al campo di allenamento. Nedved figlio della "Sametová Revoluce", la Rivoluzione di velluto del 1989 che spazzò il comunismo dalla Cecoslovacchia. Nedved soldato sotto i dettami juventini, Nedved ingrato alla Lazio che lo ha portato ai vertici, Nedved uomo di Zeman.
Se Ivana è stata l'unica donna della sua vita, ci sono un grappolo di uomini che hanno formato il Nedved uomo e professionista. Avere un padre che crede nel calcio e invita al massacro fisico per ottenere il meglio da se stessi, farsi amico durante il servizio di leva Tomas Dvorak – uno dei più grandi decatleti della storia – hanno inciso sul Pavel che corre ma Dino Zoff e Mino Raiola hanno completato e dato brillantezza alla carriera del giocatore.
Gli effetti speciali di mercato di Raiola il manovratore – Alla Lazio lo ha voluto Zeman ma molto prima degli Europei, periodo nel quale il centrocampista costava relativamente poco. Il presidente Cragnotti non ha fretta, solo che su Nedved ha già puntato dritto il Psv in primavera. Lo Sparta Praga, proprietaria del giocatore, ha già raggiunto un accordo con gli olandesi sulla base di due miliardi di lire. Frank Arnesen, manager del club di Eindhoven, lo stesso che ha fatto arrivare Ronaldo in Eredivisie, dichiara pubblicamente che l'accordo è stato raggiunto. Il giocatore pare non aver avuto voce in capitolo nella trattativa ma un aggressivo Raiola di Haarlem, appena diventato agente Fifa, sta cercando di entrare nel calcio di alto livello puntando a formare un gruppo di pochi assistiti ma di estremo talento e valore, ancor più sapendo che lo Sparta, tacendo l'accordo col Psv, è disposta a cedere il centrocampista alla Lazio solo alla cifra di 9 miliardi. Raiola, dal canto suo, aveva già instaurato un buon rapporto con Zeman. Il tutto nacque a Foggia quando portò in rossonero Brian Roy. Il patron Casillo chiese all'agente di restare per tutta la stagione per aiutare l'olandese a prendere confidenza con l'ambiente. È qui che il tecnico ceco prende confidenza con Raiola, è qui che Raiola inizia a capire il calcio di Zeman. È il 1995 quando l'agente vede giocare per la prima volta Nedved e di lui s'innamora perchè lo sente come il perfetto giocatore di Zeman. L'agente corre a Roma ma il mister della Lazio non rimane impressionato dalla scoperta perchè segue il centrocampista da tempo ma non riesce a convincere Cragnotti dell'acquisto. Raiola decide che questa è la sua occasione e che ne uscirà vincente. Tessere i rapporti con la dirigenza della società di Praga, prendere con sè il giocatore e convincere Cragnotti a sborsare la somma proposta, grazie anche alla spinta dell'Europeo. L'epilogo è positivo e il 10 luglio Nedved viene presentato a Roma col nipote di Zeman a fargli da traduttore. Il tutto però si lascia dietro lo strascico della prima squadra di Nedved, lo Skoda Plzen, che rivendica, come da clausola stabilita nel contratto, il 50% del ricavato della vendita. Grazie ad una furbata dello Sparta, la cessione quasi regalata e per qualche giorno di Nedved al Kosice, farà incassare allo Skoda giusto qualche spicciolo.
(Stagione '97-'98 e primo trofeo laziale: la Coppa Italia)
Il capolavoro però – se così si può chiamare – Raiola lo costruirà qualche anno più tardi con il secondo trasferimento di Nedved dalla Lazio alla Juventus, nell'estate del 2001. Il club biancoceleste è in piena smobilitazione causa problemi economci e finanziari e Cragnotti si trova costretto a cedere i pezzi migliori, tra i quali Nedved che sarebbe rimasto anche per un euro all'anno. Il presidente della Lazio e Moggi concludono l'affare, il dirigente ha in manco anche il cambio di tesseramento. Nel momento in cui Cragnotti riesce a vendere Veron allo United, viene preso dai morsi di coscienza e quindi richiama il giocatore: la Lazio non ha più bisogno di cederlo. Il ceco è ora tranquillo, ha rinnovato il contratto con la Lazio. Tuttavia Raiola è in realtà d'accordo con Moggi al trasferimento di Nedved a Torino: "Poteva aver firmato anche dieci volte – ha raccontato Raiola alla Gazzetta un anno fa - ma se non ritiri il cambio di tesseramento l’accordo resta accordo. E chiamo Moggi. Lì Luciano è stato intelligente ma anche furbo. Ci eravamo messi d’accordo per tenere segreta la cosa, lui ha dato la notizia che Pavel era a Torino. Arriva l’aereo privato e ci sono 40 giornalisti". Pavel non crede più alla buona fede di Cragnotti ma soprattutto rimane deluso e stizzito dal comportamento di Massimo Cragnotti che quel giorno del rinnovo gli sbatte il contratto nuovo e una penna qualunque sul tavolo per firmare, quando lui si era portato la Cartier regalata dalla moglie. "Quei modi, quei gesti mi fecero male – racconta il calciatore nella sua biografia - e purtroppo parlavano abbastanza chiaro su quale fosse la direzione che stava prendendo la società. Presi il contratto, lo firmai, poi chiamai il mio procuratore e gli chiesi di fare del suo meglio per trovarmi un'altra sistemazione".
Zoff vs Eriksson, San Dino protettore di Nedved – Avrebbe potuto essere ceduto dopo pochi mesi il suo arrivo in A. Il 4-3-3 di Zeman non è così semplice dal punto di vista tattico. Nedved è acerbo sotto questo punto di vista e fatica nella copertura. Il mister però gli dà sempre molta fiducia ma lui non riesce ad imporsi. Quando il 27 gennaio del 1997 Zeman viene esonerato, il centrocampista si sente in una piccola percentuale responsabile, non sapendo che da qui in poi avrebbe ingranato. Sulla panchina laziale subentra Dino Zoff e nel 4-4-2 Nedved riesce in una seconda metà di campionato a dir poco brillante, che si chiude con sette reti. La stagione successiva Zoff torna alla sua carica di presidente mentre Cragnotti ingaggia Eriksson. Prima del ritiro lo svedese, nel pianificare il mercato con lo staff, fa presente che avendo quattro extracomunitari in squadra – Boksic, Jugovic, Chamot, Nedved – il sacrificabile è il ceco. Zoff si oppone con fermezza ma nelle prime gare di campionato Nedved si fa tanta panchina. Nasce una sorta di braccio di ferro tra il presidente ed Eriksson perchè sempre in quelle settimane in sede viene convocato Raiola per il rinnovo del contratto fino al 2002, con ingaggio raddoppiato. Zoff non molla, Eriksson lo dovrà fare anche se poco convinto e infatti la prima gara da titolare il centrocampista se la giocherà solo alla quarta di campionato, salvando la Lazio dalla sconfitta col Bari all'Olimpico. Idolo del tifo, il centrocampista lo diventerà col derby del 2 novembre '97 dove mette a segno uno dei gol più belli della sua carriera.
26 presenze e 11 reti non basteranno a spazzare i dubbi di Eriksson, pure perchè nella stagione successiva il giocatore ha il primo infortunio serio della carriera. Quando Nedved torna pronto, Eriksson lo esclude nelle partite che contano e tutto il vantaggio accumulato dalla Lazio, prima in classifica, sul Milan finisce mangiato dai risultati scadenti nelle gare più importanti del girone di ritorno. Il finale di stagione è però meno cattivo. La Lazio arriva a giocarsi la finale di Coppa delle Coppe. Quando Nedved pare rassegnato all'ennesima panchina, si stupisce nel sapere che il tecnico stavolta lo sceglie titolare. Contro il Mallorca sarà un gol del ceco a dare ai biancocelesti la vittoria nell'ultima edizione del trofeo. Il 2 a 1 convince Eriksson che il biondino non è troppo anonimo e nemmeno troppo magro per giocare da titolare e diventare protagonista l'anno successivo, nella Lazio dello scudetto del 2000.