In Brasile chi lo ha visto giocare ancora lo ricorda e lo ricorderà per sempre con ammirazione. E in Brasile è impresa ardua essere ricordati per il pallone. Antonio Careca ha compiuto i suoi sessant’anni senza sintomo di vecchiaia. La sua persona appare ancora in quella forma che sul terreno di gioco ne faceva una leggenda già prima di chiudere la sua carriera. La sua epoca è stata segnata da una grande rivalità con Marco Van Basten, col quale formava senza ombra di dubbio la coppia a distanza più forte del calcio di quegli anni. E quelli erano anni in cui il calcio assisteva alle grandezze di un numero altissimo di fuoriclasse. Probabilmente, mai epoca ha avuto numericamente una presenza così folta di grandi calciatori. 

Careca, nome di clown, possedeva tutto quello che oggi rovisterebbe nel dizionario delle smancerie di certi commentatori. Era velocissimo, era potente, era tecnicamente prodigioso ed era dotato di fantasia e imprevedibilità. Solo una sorte dotata del più alto senso estetico avrebbe potuto scegliere di farlo giocare per alcuni anni al fianco di Maradona. La coppia offensiva tra le più grandi della storia del calcio. E in campo quella grandezza si vedeva tutta. Abbagliante e oggi inimmaginabile per chi non li ha potuti vedere giocare dal vivo. Chi ha vissuto quegli anni dentro e fuori degli stadi sa quanto sarebbe stato difficile, se non impossibile, conquistare il cuore dei napoletani (e non solo dei napoletani) in un luogo che aveva già il suo re incontrastato.

Careca si chiama così perché la madre decise di aggiungere quello che era il nome di un pagliaccio che il piccolo Antonio adorava guardare in televisione. E nemmeno lei immaginava che suo figlio un giorno avrebbe incantato il "continente" brasiliano e quello europeo. Cambiando maglia dal San Paolo al Napoli per cambiare registro politico, passando da un club d’élite a uno popolare, simbolo di quel sud mai vincente, ma improvvisamente diventato tra le massime espressioni del calcio mondiale. Antonio Careca, ovviamente, contribuì in maniera decisiva a questa straordinaria e storica evoluzione.

Col Brasile giocò due campionati del mondo, senza però riuscire a vincerli. L’ultima partita con la nazionale verdeoro la giocò nel 1993, un incontro valevole per le qualificazioni al mondiale statunitense del 1994, che il Brasile poi avrebbe vinto battendo l’Italia in finale. A quel mondiale, però, Careca non prese parte. Il clown è una figura di contemplazione, non di trionfo. E lui, dopo averne ammirato uno da bambino, adesso sa che c’è un mondo che al suo ricordo ammira lui.