L'avvio di stagione dell'Inter ha stupito anche i più ottimisti fra i tifosi: ipotizzare di portare a casa sei vittorie ed un pareggio nelle prime sette gare di campionato era un qualcosa di difficile realizzazione, sia per il calendario (Fiorentina e Roma nelle prime due giornate) e sia per come si era sviluppata e conclusa la passata stagione. Senza considerare un mercato che inizialmente aveva illuso, per poi tramutarsi in una campagna acquisti oculata, con dei colpi ben fatti, anche a dispetto dell'iniziale scetticismo con il quale sono stati accolti i nuovi acquisti – sì, parlo soprattutto di Skriniar! - ma che ha consegnato nelle mani di Spalletti una rosa sicuramente troppo corta, nonostante la squadra debba disimpegnarsi soltanto in campionato e Coppa Italia, soprattutto nel reparto dei centrali difensivi.
In queste ultime settimane si è molto parlato di Inter "fortunata", facendo riferimento ai legni che le squadre avversarie hanno colpito contro i nerazzurri, come se tutte le conclusioni che vanno a infrangersi contro pali e traverse, in un mondo parallelo e non si sa bene per quale razionale motivazione, si sarebbero dirette dentro per qualche centimetro, e non - esiste anche questa possibilità - fuori, sempre di qualche centimetro. Ma tant'è. Misurare il lavoro di Spalletti sui centimetri di un pallone che va dentro o fuori, appare pratica che denota una certa superficialità in chi ne fa uso.
Per capire quanto il tecnico di Certaldo abbia inciso nel rendimento di questa squadra, basti considerare alcuni semplici aspetti oggettivi. Innanzitutto la squadra appare aver trovato un certo equilibrio nella fase difensiva, sia per un’accresciuta consapevolezza dei singoli che per una reale lievitazione della solidarietà fra reparti. A ciò si aggiunga che, nelle ultime gare, pare essere stata superata anche la cosiddetta “Icardi-dipendenza”, se è vero, com’è vero, che la squadra è riuscita a far gol con uomini diversi dal proprio bomber.
Ma vi è ancora un aspetto ancor più strutturale che attesta che la strada intrapresa è quella giusta: il gruppo non si è mai disunito, non si è mai lasciato andare, anche nei momenti più "bollenti" - pochi, è vero, ma non pochissimi - che ha attraversato fino al momento.
Senza dubbio, l'ex mister della Roma ha ancora inciso poco nella qualità dello sviluppo del gioco: non si fa riferimento all'estetica, quanto piuttosto all'efficacia, ma è inconfutabile che la squadra che aveva concluso a pezzi il campionato scorso aveva bisogno di ricostruirsi partendo dalle piccole cose: capacità di soffrire, compattezza difensiva, coralità dell'interpretazione delle gare.
Pertanto sarebbe più prudente procedere adagio con i giudizi: la creatura che Spalletti sta plasmando inizia a far vedere alcuni connotati, anche sorprendenti alla luce dei pochi mesi di lavoro che il gruppo ha sulle spalle, ed altrettanto chiaramente denota una serie di aspetti sui quali sarà necessario lavorare in profondità nelle prossime settimane.
Chi si aspettava, dopo neanche tre mesi di lavoro, di vedere un'Inter in grado di giocare con gli automatismi e l’armoniosità che aveva la Roma “spallettiana”, forse, dovrebbe rivedere alcune convinzioni personali circa la costruzione di un progetto tecnico e di gioco.
In tanti aspettano, rigorosamente appollaiati sul trespolo, il prossimo trittico di gare che attende i nerazzurri (Milan, Napoli in trasferta e Samp al Meazza) per poter "ammirare" il crollo di questa squadra i cui meriti principali risiederebbero - a loro dire - nell'essere stata, fino al momento baciata dalla dea bendata.
È indubbio che le prossime tre gare potranno dirci molto su quello che sarà il campionato dell'Inter, ma non tanto per quello che sarà il bottino che la squadra riuscirà ad ottenere, quanto piuttosto nella capacità di reggere l'urto dopo un gol subito, oppure anche dopo una sconfitta. Sarà proprio questo che darà la misura di quanto - e se - questa squadra è realmente fiorita.
Anche nella passata stagione, sotto la guida di Stefano Pioli, l'Inter inanellò una importante serie di vittorie, salvo poi sfaldarsi dopo qualche risultato negativo. Non si sta augurando una sconfitta alla squadra di Spalletti, questo è ovvio! Quando accadrà - perché accadrà - sarà importante portare a frutto tutto il lavoro sulla tenuta mentale del gruppo che il mister ha fatto in questa prima parte della sua avventura milanese. E sarà quello a fare la differenza rispetto alle stagioni passate, non un palo in più o in meno colpito dall'avversaria di turno.
Passando alle cose "di campo", il nodo cruciale di questa Inter, com'era facilmente prevedibile dopo un'estate trascorsa a rincorrere l'uomo da piazzare dietro Mauro Icardi, è quello del "trequartista", messo fra virgolette per la particolarità delle caratteristiche che Spalletti richiede a chi è chiamato ad occupare quella posizione. L'estate non ha portato a Milano né Nainggolan e nemmeno Vidal, come tutti sappiamo.
Ecco, allora, che Spalletti ha iniziato questo campionato proponendo Joao Mario, nelle prime giornate: alcune partite giocate in modo discreto, ma sempre alternate a sprazzi di anonimato, ed altre ancora in cui il portoghese ha dimostrato inequivocabilmente che non può ricoprire quel ruolo, innanzitutto perché privo della necessaria pericolosità in zona tiro, ma anche perché non è in possesso della lucidità che si richiede al momento di fare la giocata decisiva. Non è la tecnica di base a difettare all'ex Sporting Lisbona, quanto piuttosto la capacità di scegliere cosa fare in una frazione di secondo, elemento imprescindibile se ti trovi a giocare "in mezzo al traffico". Va detto che il portoghese, nelle prime gare in cui è stato schierato, si è spesso ritrovato a ricevere palla con le spalle alle porta, sia per limiti dello sviluppo della manovra, ma anche per demeriti propri. Piace molto di più quando entra a gara in corsa e, grazie alla propria progressione ed ai suoi strappi, può lasciare il segno contro avversari già stanchi. In attesa di eventuali cambi di modulo che possano valorizzare le qualità – perché ne ha – del portoghese, appare difficile ipotizzare un suo utilizzo dal primo minuto, soprattutto come “trequartista”.
Se Joao Mario, quando è stato schierato dal primo minuto, non ha convinto, anche Marcelo Brozovic, inizialmente, sia da subentrante che da titolare, aveva confermato parecchi dei limiti già abbondantemente palesati nel corso della sua esperienza nerazzurra: indolenza, intermittenza, scarsa propensione al sacrificio ed una indiscutibile anarchia.
La gara di Benevento ci restituisce un calciatore che ha disputato una gara - al netto delle due reti siglate - sicuramente sufficiente (nulla di eclatante, è giusto essere chiari), ma che, per l'appunto, lo ha visto andare in gol, proporsi al tiro con buona efficacia, svariare bene dietro Icardi. In linea puramente teorica, quanto messo in mostra dal croato in terra campana sarebbe ciò di cui Spalletti ha tremendamente bisogno: qualcuno che sia in grado di far paura quando si presenta ai venti metri, magari alternando la conclusione con qualche verticalizzazione per i tagli di Icardi, ma anche quelli di Perisic e Candreva, i quali iniziano a metabolizzare i movimenti e gli interscambi richiesti dal tecnico di Certaldo, seppure ancora in maniera molto scolastica.
Difficile dire se Brozovic potrà strappare una maglia da titolare in questo campionato e se, soprattutto, lo farà per meriti propri e non per demeriti altrui (sì, parliamo di Joao Mario), ma è certo che mister Spalletti dovrà lavorare molto su di lui, non solo sull’aspetto mentale del ragazzo, ma anche sul modo di stare in campo e vedere il gioco. Possibilmente per novanta minuti.
Per farla breve, quest'Inter che si è inserita nelle posizioni di vertice deve iniziare a servire con puntualità Mauro Icardi, non solo con cross dalle corsie esterne, ma anche con palloni che arrivino dalla zona centrale. Inutile dirlo, anche Icardi dovrà fare in modo di agevolare il lavoro dei compagni, proponendosi più spesso in verticale, talvolta anche facendo qualche scatto "a vuoto", finalizzato "soltanto" ad allungare la difesa avversaria, creando spazio dietro di sé.
C'è ancora molto da sistemare in quest'Inter solida ma che non impressiona, nonostante i risultati abbiano premiato il lavoro - che non è poco - già fatto da mister Spalletti: fra i primi aspetti da curare vi è proprio lo sviluppo del gioco per vie centrali, a partire dalla connessione fra Borja Valero e il "trequartista", che nelle prossime gare dovrebbe essere, almeno inizialmente, proprio Marcelo Brozovic, e quella fra lo stesso croato ed Icardi, coadiuvati da Vecino o Gagliardini, soprattutto concentrandosi sulla velocità e pulizia di uscita della palla dalle retrovie, oltre che sui sincronismi che si richiedono a centravanti e trequartista.
Va detto che mister Spalletti sta facendo i conti con una rosa poco profonda e con l'infortunio di Joao Cancelo, uno che sicuramente troverà un grosso spazio, non appena sarà al 100%. Anche Karamoh, nei pochi minuti in cui s'è visto, ha destato ottime impressioni, innanzitutto per personalità, ma anche per varietà di colpi e facilità a saltare l'uomo nell'uno contro uno, qualità che pochi posseggono in quest'Inter (forse solo Perisic) e che quindi potrebbero favorire una rapida ascesa nell'utilizzo dell'ex Caen, sicuramente a gara in corso, ma non si escludono ulteriori sviluppi.
Una sua esplosione potrebbe essere, questa sì, una fortuna per l'Inter. Quasi quanto a quella avuta quando è stato scelto mister Spalletti, affidandogli la conduzione tecnica della squadra.