In una Palermo ancora afosa e torrida che però pian piano si va ripopolando dopo l’esodo agostano inizia ad aleggiare, con la velocità di un’epidemia,  lo spettro macabro della serie B. In qualunque conversazione mi è capitato di imbattermi, sia al lavoro che al bar, con gli amici o in famiglia, online ma anche per la strada, non si parla d’altro. Anche il tifoso più ottimista, quello che ha sempre difeso la coppia Munoz/Budan o magari speso parole di incoraggiamento per un Bertolo qualunque, comincia a tentennare.

 

Leopardi  parlava di pessimismo storico, ossia di quella infelicità insita negli esseri umani che viene vista come effetto di un processo storico.  Gli antichi erano felici perché godevano delle illusioni della natura. I moderni, attraverso l’uso della ragione, sono in grado di smascherare le illusioni della natura, e per questo sono infelici. Fermandomi  a questo stadio evolutivo del pensiero leopardiano, ho provato a dare una spiegazione razionale alle meste vicende del Palermo 2012-2013.

 

Oltre dai numeri che sono un dato inequivocabile (due sconfitte, sei gol subiti, nessuno segnato) il malcontento popolare di oggi è dato dall’aver preso coscienza delle illusioni della natura. Mi spiego meglio. Se in passato il presidente Zamparini e i direttori sportivi che si sono avvicendati indovinando qualche colpo di mercato low-cost (vedi Cavani-Pastore) sono riusciti  a nascondere gli evidenti limiti progettuali della società, oggi, nel momento in cui la squadra pone le sue fondamenta su improbabili scommesse, come i vari Munoz, Vazquez e Garcia (solo per citarne alcuni), l’illusione è palese e non resta che prendere atto dell’amara realtà. 

 

 

“O natura, o natura,

 perché non rendi poi 

quel che prometti allor? Perché di tanto

 inganni i figli tuoi?” (Giacomo Leopardi – A Silvia)

 

Il problema dunque risiede nella cattiva gestione di una società che sembra essere arrivata al capolinea. Se poi nemmeno si interviene sul mercato seguendo le indicazioni dell’allenatore, il gioco è fatto. 

 

Sannino da buon capro espiatorio, non ha accusato la società rea di aver fatto un mercato sventurato e a dir poco squinternato, anzi ha dichiarato di assumersi in toto la responsabilità del momento della squadra per evitare di far gravare sui giocatori il peso della critica.  E’ evidente che il tecnico di Ottaviano, tenga molto alla sua panchina. L’ambiente è già surriscaldato, e non sarà un becero striscione (“Datevi una mossa o vi spacchiamo le ossa” n.d.r.) a farcelo capire. Il baratro della serie B è dietro l’angolo. 

 

 

Seppur dalle macerie adesso bisogna ricostruire e trovare un’identità, perché questo Palermo non ha nemmeno la parvenza di una squadra. L’arduo compito spetta all’allenatore.  “È la sfida più difficile della mia carriera” ha aggiunto Sannino.  E ne ha ben donde, direi.

 

 

 

Giovanni Migliore