L'ultima italiana a vincere l'Europa League è stata il Parma. Correva l'anno 1999, all'epoca si chiamava ancora "Coppa Uefa" e gente del calibro di Buffon, Cannavaro, Veron, Chiesa e Crespo rifilava nella finale di Mosca del 12 maggio un secco 3-0 al Marsiglia di Blanc e Pirès. Il culmine di un decennio d'oro per le nostre squadre nella competizione: dal 1988, infatti, oltre al Parma (campione anche nel 1995) alzarono al cielo la coppa anche Napoli, Inter (tre volte) e Juventus (due volte). Su undici tornei, ben otto si chiusero con la bandiera tricolore sul gradino più alto del podio.
Da allora, il buio totale. Un vuoto ancor più esteso a partire dal 2009, anno del cambio di format e di nome per la kermesse continentale. Sempre più vista come un qualcosa di "inferiore" rispetto alla Champions, sia dal punto di vista dell'appeal mediatico sia per introiti vari. Unica isola felice il 2015, quando ben due compagini del Belpaese (Napoli e Fiorentina) arrivarono persino alle semifinali, massimo traguardo raggiunto da club esponenti della nostra Serie A, salvo poi dover alzare bandiera bianca rispettivamente al cospetto di Dnipro e Siviglia. Anche in quell'occasione, tuttavia, la sensazione dominante fu quella dell'improvvisazione. E cioè: cerchiamo di andare più avanti possibile nel torneo con le seconde linee e solo qualche titolare, se poi la situazione si fa interessante (tendenzialmente a cominciare dagli ottavi) allora iniziamo a crederci davvero. Perché è proprio questo il problema che ha accomunato un po' tutte le italiane negli ultimi anni: vedere l'Europa League come un "peso", un impegno da sostenere controvoglia, non con il piacere e la convinzione di poter fare bene ma con la costante ansia di dover dosare le forze ed evitare gli infortuni come priorità assolute. Per ottenere cosa, poi? Un piazzamento a maggio in campionato in zona Europa League... da snobbare di nuovo l'anno successivo, e così via. Praticamente, un cane che si morde la coda, un circolo vizioso, antipatico e controproducente.
Chi quest'anno può invertire completamente il trend, per intenzioni e mezzi a disposizione, è la Lazio. Niente da togliere ad Atalanta e Milan, ma i biancocelesti sembrano gli unici a voler seriamente andare fino in fondo alla competizione, o quanto meno il più lontano possibile. Anche più di quanto possa volere il Napoli, coinvolto in questo discorso in caso di terzo posto nel girone di Champions e conseguente "retrocessione" (numeri alla mano, difficile che Roma e Juventus possano essere ugualmente risucchiate). Gli uomini di Sarri sono consapevoli che questo può davvero essere l'anno buono per lo Scudetto, per cui riservare anche solo una parte di energie e risorse per la cosiddetta "Europa B", a maggior ragione dopo aver perso un altro uomo chiave come Ghoulam e non avendo una rosa così profonda in tutti i reparti, potrebbe rivelarsi fatale alla lunga.
Certo, direte voi, anche la Lazio non ha giocato con tutti i titolari queste prime partite del raggruppamento. E' vero: ma le ha lo stesso vinte tutte e quattro, garantendosi con 180 minuti di anticipo (scusate se è poco) la qualificazione ai sedicesimi con tanto di certezza aritmetica del primato. E l'atteggiamento assunto ieri da Simone Inzaghi è a dir poco emblematico. Molti si sarebbero accontentati del pari casalingo contro il Nizza, risultato che avrebbe tenuto a distanza di sicurezza i francesi e permesso di conservare la vetta del girone. Lui no: ha inserito nel secondo tempo Milinkovic-Savic, Parolo e Lulic, che sono andati ad aggiungersi ai vari Strakosha, De Vrij, Marusic, Leiva e Luis Alberto. Otto undicesimi di Lazio titolare e alla fine ha avuto ragione. Sì, solo grazie a un autogol e per giunta al 92'. Ma nulla accade per caso. Altrimenti i capitolini non sarebbero gli unici nel Vecchio Continente ancora a punteggio pieno dopo le prime quattro gare di Europa League, con ben 9 gol realizzati e solo 3 incassati.
Chi potrà realmente fare paura a questa Lazio più in avanti? Ci sono big come Arsenal e Zenit, molto dipenderà anche da chi scenderà dai "piani alti". E, ad oggi, le più temibili sarebbero senza dubbio Atletico Madrid e Borussia Dortmund, due club abituati a ben altri palcoscenici e ambizioni. In quel caso, comunque, non ci sarebbe nemmeno il bisogno di valutare con quali stimoli affronterebbero le partite in questione dopo l'eliminazione dalla UCL. "Snobbare", infatti, è un termine che (ahinoi!) appartiene solo al vocabolario europeo italiano. Non a quello di inglesi, spagnole, tedesche e francesi. Ma nemmeno a quello della Lazio. Che ha cominciato alla grande il suo cammino e non ha nessuna intenzione di fermarsi.