Siamo ostaggi. Tutti. Chi ama il calcio, chi fa il fantacalcio, chi tifa a casa, chi va allo stadio con la sola voglia di guardare la partita e sostenere la propria squadra del cuore. Siamo ostaggi perché c'è gente che questo calcio, volenti o nolenti, lo gira nelle proprie mani manco fosse una pallina antistress. Gente che governa governi silenziosi, ma che quando decide di farsi sentire manovra e gestisce, dice sì o no, alza il pollice mentre tutti guardano, col fiato sospeso, cercando di capire se si potrà godere di un'altra giornata di sport o se si dovrà tornare a casa con la coda tra le gambe perché qualcuno ha detto no.

 

Quel qualcuno non è in alto, non è nel palazzo né ai vertici delle società: quel qualcuno è in mezzo a noi, pensa male, si fa sentire. Li abbiamo visti più volte entrare in campo e parlottare con i giocatori, li abbiamo visti arrampicati sulle barriere ed aizzare folle arrabbiate, li abbiamo visti uscire ed incendiare le auto parcheggiate attorno agli stadi. Li abbiamo visti stranieri, e li abbiamo additati come mostri, perché Ivan il serbo è diventato Ivan la belva in un amen. Poi li vediamo italiani, e non sappiamo che dire, se non che sono brutte pagine di calcio. E ci riscopriamo, ancora, burattini nelle loro mani.

 

Siamo ostaggi. Tutti. Perché non è possibile che una finale di Coppa Italia, sotto gli occhi del mondo, debba essere decisa dalla loro coerenza da due lire e dalla loro mentalità di trogloditi. Ci hanno tenuti tutti sotto scacco, chi è a casa e chi è allo stadio. Ci sono tifosi all'ospedale per incidenti verificatisi fuori, lontani dallo stadio, incidenti che ancora non hanno ancora nomi, cognomi e motivi certi; si è parlato, si è ragionato, la gente era già allo stadio, s'era deciso di giocare. Poi entrano in scena loro, tronfi ed impettiti da un pugno di petardi e bombe carta che, chissà come chissà perché, riescono sistematicamente ad entrare allo stadio, al contrario di bottigliette d'acqua che costringono i tifosi mortali alla mini-estorsione dei venditori da gradinata. Il capitano ed il dg di una delle squadre che dovrebbe entrare in campo va a parlarci, intanto un petardo esplode vicino ad un vigile del fuoco e se non succede nulla di grave è per una questione di centimetri. Poi si ritorna negli spogliatoi, li si vede arrampicati sulle cancellate, prima scuotere la testa e poi sbatterla, su e giù, in segno d'assenso, sì, va bene, giocate.

 

Siamo ostaggi. Tutti. Ostaggi di quelli che si elevano a tifosi veri e che, in realtà, non sono che delinquentucci che non valgono nemmeno i proverbiali quattro soldi. Ed io non posso fare a meno che sognare un calcio migliore, un calcio diverso, un calcio che può fare a meno di loro che faccia, finalmente, a meno di loro. Esclusi, eclissati, isolati. Fuori dagli stadi, fuori dalle maglie, spogliati dai colori che sporcano ogni volta che ne hanno occasione.
Non posso fare a meno di sognare l'evasione dalle loro logiche. Non posso fare a meno di sognare l'emancipazione dalla loro prepotenza. Non posso fare a meno di sognare di vedere Fiorentina-Napoli senza pensare al disgusto di quello che è successo prima. Non posso fare a meno di sognare un calcio da vivere, finalmente, liberi.

 

Antonio Cristiano