Il Napoli non sa muoversi in destrezza. Compie lo sforzo last minute e corre ai ripari dopo aver sperimentato il danno. A fatto compiuto. Se, al di là di ragioni e impossibilità, la società si fosse mossa un po’ prima a inizio stagione, quasi certamente a Verona sarebbero stati i tre punti ad aprire le porte alla rifondazione di Conte. E chissà che in un testa a testa così serrato quei tre punti non potrebbero essere rimpianti. Altro che il pareggio di Roma, in cui mancano all’appello due calci di rigore.
Sì, il senno di poi nel calcio vale poco tanto quanto nella vita, ma quei tre punti restano la “penalizzazione” per aver preso tempo, troppo tempo, prima di darsi definitivamente alla successiva prodigiosa risolutezza.
La stessa cosa avvenuta durante il gennaio dei rinforzi un po’ attesi e un po’ scongiurati. Senza Kvara con la valigia piena di sogni contrattuali e senza desiderio di gloria, senza Buongiorno e spesso senza Olivera, i nuovi acquisti sono stati Juan Jesus e Spinazzola, uno tenuto a stento in agosto e l’altro condotto a Napoli per farlo tornare a quello che è adesso.
Tuttavia non basta per scongiurare le esitazioni, o le eccessive prudenze, davanti al fatto che gli atteggiamenti malfidati degli Osimhen e dei Kvara andavano presi di petto anche in situazioni straordinarie. Per non costringere quelli come Conte a ripiegare nel rimorso per l’aver creduto di poter credere.
Eppure sono in tanti a sfoggiare mugugni e perplessità, nonostante un ordine sparso di elementi che altrove sarebbero celebrazione di ottimismo.
Il Napoli è primo in classifica, è primo nella classifica degli scontri diretti e vanta la miglior difesa. E da un mese e mezzo sta giocando senza il suo centrale migliore e spesso senza Olivera. Praticamente senza mezza difesa titolare. E in mezzo ci sono capitate Firenze, Bergamo, Juve e Roma.
La prossima trasferta che attende gli azzurri è nuovamente l’Olimpico. Poi, ovviamente stando alla carta, l’unica gara che desterà qualche preoccupazione sarà Bologna. Di fatto il campionato lontano da Fuorigrotta per i partenopei finirà a metà febbraio. Con lo scontro diretto con l’Inter da giocare in casa. E così pure con Milan e Fiorentina.
Nessuno avrebbe dato il Napoli capolista dopo un calendario come quello appena affrontato. Tranne Conte, che lo ha preparato come meglio non avrebbe potuto. Senza alcuni elementi fondamentali e con un organico indebolito dal saluto del suo calciatore migliore. Nel bel mezzo della disputa. Eppure questa squadra sembra costantemente in attesa di giudizio. C’è una parte di Napoli che grida al miracolo e un’altra parte che ne sembra quasi dispiaciuta. E, forse, hanno entrambe torto. Una perché ancora una volta affascinata più dalla cultura del prodigio che da quella della serietà e delle capacità, e un’altra perché troppo innamorata dei propri pensieri e dei propri pregiudizi.
Antonio Conte sta preparando una nuova fase. Quella che precede la partita con l’Inter. E le gare prima di quella coi nerazzurri diventano quelle più difficili. Per una serie di ragioni che chi conosce il calcio sa bene quanto siano motivo di preoccupazione. L’unica certezza è che lo farà con quello che avrà a disposizione.