Bayern Monaco, Manchester City e Cska Mosca. L’urna di Nyon ha regalato un sorteggio alla Roma per molti proibitivo ma sicuramente affascinante. La squadra di Garcia è chiamata esattamente a ripetere l’impresa compiuta dal Napoli di Mazzarri nell’edizione 2011/2012: si piazzò secondo con 11 punti alle spalle dei tedeschi che avrebbero perso poi la finale ai rigori con il Chelsea di Di Matteo, eliminando quelli che alla fine della stagione di sarebbero laureati campioni d’Inghilterra. 0 punti per il Villareal che completava il girone. A quella edizione della Champions partecipava anche per la prima volta Rudi Garcia, fresco campione di Francia con il suo Lille. L’avventura non fu positiva: il Lille, inserito in terza fascia, capitò con l’Inter di Gasperini prima e Ranieri poi, con il Cska Mosca (non sarà quindi neanche questa sfida un inedito per il tecnico francese) e con il Trabzonspor. Raccolse solo 6 punti, ultimo posto di un girone alla portata, restando però in corsa fino alla fine: 4 punti (2-2 all’andata in casa, 2-0 a Mosca) con i russi che si classificarono secondi con 8 punti, 2 con i turchi (1-1 fuori, 0-0 in Francia nell’ultima sfida decisiva). E Garcia conosce bene il motivo di quel fallimento. “Avevamo subito un salasso con le partenze di Adil Rami, Yohan Cabaye e Gervinho. L’intera colonna portante della squadra distrutta, e quindi da ripensare. Non fu così semplice ricostruirla. D’altronde, questa è da sempre la mia principale preoccupazione: perché le squadre che alleno riescono meglio nella seconda metà della stagione che nella prima? Bisogna trovare, ogni volta, il tempo necessario per far ripartire il tutto. Dimenticare gli ex, inserire i nuovi, riunire lo spogliatoio, creare della complicità, elaborare un gioco comune; tutto questo non si fa in un giorno, schioccando le dita. Sarebbe stato perfetto giocare la prima fase a gironi da gennaio a maggio”, racconta nella sua autobiografia "Tutte le strade portano a Roma". Il tecnico francese pensava di aver tratto da quella Champions League insegnamenti preziosi in vista di quella successiva. Fu stressante, “una guerra di nervi”, dopo il terzo posto in campionato, la qualificazione, via preliminare, contro il Copenhagen: gol vittoria ai tempi supplementari nella gara di ritorno al Grand Stade di Lille. “Per questo mi chiedo se non ci sentimmo appagati già subito dopo la qualificazione. Obiettivo raggiunto, come se il resto della competizione fosse secondario. L’avremmo pagata cara. Molto cara”. Intanto, quando finalmente era pronto per le sfide più importanti, era stato venduto anche Hazard, il grande protagonista della passata stagione. Il Lille raccolse solo 3 punti, ancora ultimo posto, nel girone con Bayern Monaco (che avrebbe poi schiantato anche il Barcellona in semifinale e vinto la competizione), Valencia e Bate Borisov. Contro i tedeschi all’andata in casa fu sconfitta per 1-0, in una partita piuttosto bloccata decisa da un calcio di rigore “inventato”. Con la sua squadra a 0 punti dopo 3 giornate (sconfitta anche dal Bate Borisov per 3-1 in Francia), con il Bayern “nella partita di ritorno avevo voluto essere più ambizioso, cercando di proporre il nostro gioco, e perfino di imporlo. Il fulmine si abbatté su di noi. Il tabellone segnava 6-1. Nel primo tempo, sul 5-0, feci appello all’orgoglio dei giocatori per evitare di incassare le otto o nove reti che rischiavamo di lì alla fine. Lahm ci aveva massacrati sul suo lato, ma l’incapacità fu collettiva. Sono convinto che rimanendo in difesa ne avremmo presi comunque almeno quattro. Avevamo tentato, avevamo fallito”. Lezione che forse tornerà utile per la sua Roma, come quelle incassate lo scorso anno allo Juventus Stadium in campionato e al San Paolo in Coppa Italia: doppia umiliazione per 3-0 con una squadra che alla prima difficoltà si è disunita, innervosita, crollata psicologicamente in ambedue le partite salvo poi prontamente rifarsi. Ma in ottica Champions League, saranno da tenere bene a mente, più di tutte le altre, soprattutto quelle due gare per non incappare negli stessi errori che, in ambito europeo e a maggior ragione in un girone così complicato, possono costare avvilenti figuracce.
Garcia si troverà sicuramente di fronte anche ad un interrogativo di natura tattica. “Quando consultavo le statistiche delle grandi competizioni internazionali, Coppa del Mondo, Europeo, o Champions League, le conclusioni mi spingevano con maggior convinzione verso il mio progetto di gioco: la squadra che controlla di più la palla, che tira di più e che crossa di più – tre delle principali caratteristiche rilevate – ha più possibilità di imporsi”. Anche se poi si chiede: “talvolta, avrei dovuto difendere di più, essere maggiormente prudente, meno audace e mettere da parte certe idee. Forse, in qualche occasione, forse...”. E certe domande riemergeranno sicuramente potendo contare su una squadra che, in particolare con Gervinho e il nuovo acquisto Iturbe, può essere devastante in contropiede, giocando di rimessa, e cogliere di sorpresa qualsiasi avversario, Bayern Monaco e Manchester City compresi.
La Roma ha sicuramente risolto uno dei principali problemi riscontrati da Garcia per potersela giocare in Europa, con il Lille gli mancava qualcosa: “una squadra che fosse già abituata a giocare insieme da più di una stagione”. Stavolta ce l’ha.
Quel calciomercato, talmente lungo al punto da sovrapporsi all’inizio dei maggiori campionati europei e che il tecnico francese vorrebbe terminasse prima, finalmente si è chiuso. E si è chiuso con la Roma che, eccezion fatta per chi, citando la Curva Sud, si è venduto per 30 denari, ha mantenuto tutti i grandi protagonisti della scorsa stagione e ampliato e migliorato la rosa per renderla competitiva sui due fronti campionato e Champions League.
Sulla corsia difensiva mancina, dove l’anno scorso si erano alternati, con risultati altalenanti, vari giocatori, dopo la partenza di Dodò, sono arrivati Cole, Emanuelson ed Holebas. Al centro a Castan si sono aggiunti Astori, Manolas e l’ultimo arrivato Yanga-Mbiwa in grado di giocare anche sulla fascia destra dove sono stati confermati Maicon e Torosidis. L’esperto Keita, che ha già impressionato, ha preso il posto dell’indimenticato Taddei, in curva lo scorso sabato, per completare un centrocampo che aspetta il recupero di Strootman e può già contare su Pjanic, De Rossi ed un già incontenibile Nainggolan. Davanti si è scelto di dare la meritata chance a Destro dirottando il grande investimento su un altro esterno ed è arrivato il meglio per Garcia, Iturbe, che ha ormai completato il periodo di ambientamento. Senza dimenticare i giovani Ucan, Paredes, Sanabria. Una squadra in cui non ci sarà bisogno di dimenticare gli ex, in cui i nuovi acquisti potranno inserirsi con facilità in un sistema perfettamente rodato e in cui lo spogliatoio è unito ed affamato di vittorie. La Roma è già pronta, non diamola per spacciata.
Silvestro Giaquinto