Quando lasciò Napoli soltanto l’arrivo della generazione Benitez, con Higuain in testa, riuscì a consolare presto la nostalgia per un centravanti che aveva segnato i cuori dei suoi tifosi in un triennio a sua volta segnato da sfioramenti di gloria che lo avevano salutato in una generale sensazione di incompiutezza, quella della squadra, che si sarebbe rivelata soltanto l’immaturità di un tempo destinato a esplodere un decennio dopo. Edinson Cavani, però, di quel tempo tutto da venire aveva anticipato grandezza e stupori, grazie al suo calcio paragonabile al tennis di quei campioni, rarissimi, in grado di coniugare potenza e raffinatezza. 

Cavani a Napoli ha dimostrato più che in ogni altro luogo la sua formula interiore, contraddistinta dalla completezza del suo genio creolo fuso nella freddezza acquisita in Europa. La storia del calcio gli si era fondata dentro già prima di approdare nella Napoli delle grandi speranze e poi nella Parigi delle grandi attese. Le due piazze dove il “Matador” ha saputo fare meglio, prima che le due esperienze più dimesse e discontinue di Manchester e Valencia lo preparassero al colpo romantico e prestigioso della sua carriera: il Boca Juniors.

Il Club Atlético, in cui la parola Italia è tra i suoi fondamenti storici, fondato da un gruppo di genovesi e della Basilicata, quell’asse ribelle e discreto dell’Italia postunitaria, dove gli Xeneizes giocano indossando una tra le maglie più prestigiose della storia del futbol, è stata e rimarrà sempre la squadra di Maradona, col cuore proteso dall’altra parte di Napoli e la sua mai nascosta affezione incondizionata ai gialloblu di Buenos Aires

"Boca es por su grande gente"

Cavani nella sua nuova esperienza sudamericana indosserà proprio la numero 10, in passato già di grandi fuoriclasse argentini, per un segno che per i napoletani, tanti, ancora affezionati al ricordo del Matador, risuona come ancora più emozionante nell’estate che ha celebrato il terzo scudetto partenopeo, il primo arrivato dopo la “Grande Storia” del Pibe de Oro, dieci anni dopo l’addio di Cavani alla maglia azzurra e il cui profitto economico servì al Napoli per aprire l’era di preparazione al successo più atteso.

Edinson Cavani arriva al Boca accolto come pochi calciatori sono stati salutati nella storia del club argentino. La Bombonera ha tributato il suo benvenuto a uno tra i più grandi giocatori degli ultimi vent’anni. E se la Bombonera accoglie un calciatore in maniera calorosa, allora, in fondo, c’è da fidarsi.

Il “Gringo vecchio” di Fuentes avrà forse trovato la sua rivoluzione. Quella di Bierce, ovviamente, fu il colpo ad effetto di una vecchiaia risolta nella dimensione irrisolta del mistero. Cavani, invece, pare voglia ancora avere a che fare con la sua giovinezza. Nel calcio delle lavanderie internazionali fatte passare per club di nuova frontiera l’approdo del Matador in uno dei luoghi storici più affascinanti del pianeta futbol, e non solo, restituisce la suggestione della chiusura di un cerchio. Da quelle parti si continua a sognare.