Molti appassionati alla pallanuoto devono le loro emozioni a Paolo De Crescenzo. La sensibilità, la signorilità, il carisma, la conoscenza, la perizia, il coraggio. Un parola soltanto: la grandezza. Questo è stato Paolo De Crescenzo, tra i più grandi sportivi della storia del Novecento italiano. E chi sa tutto quello che ha fatto e realizzato sa pure che non sarebbe un’esagerazione considerarlo tale. Paolo De Crescenzo ha sempre interpretato il napoletano moderno. A dispetto di stereotipi e luoghi comuni, se volete immaginare l’uomo partenopeo, fatelo guardando a quelli come lui.
Operoso, saggio, signorile. La spiritualità sportiva per eccellenza. Fantasia e abnegazione. Lui che ha interpretato sia la fatica e la manovalanza del giocatore che la guida e il comando dell’allenatore. In entrambi i casi ottenendo i più grandi risultati, costruendo un esempio, sagomando una figura che meriterebbe di far parte della Hall of fame dello sport mondiale. Una vita spesa per un’epica minore, quella delle discipline lontane dai riflettori. Il contro star system è una nobilissima carboneria della quale fanno parte i Paolo De Crescenzo. Uno che da giocatore di pallanuoto in acqua ha vinto scudetti e Coppa dei Campioni, che da allenatore ha vinto ancora di più, collezionando e inanellando successi a ripetizione, con squadre diverse, talvolta in costruzione, mettendoci le mani fino all’educazione morale e sentimentale che in silenzio e con il lavoro crea gruppi di uomini, oltre che squadre vincenti.
La Canottieri Napoli, il Posillipo, la nazionale italiana, fino all’ultima esperienza all’Acquachiara, tutti quelli che lo hanno conosciuto e che da lui hanno potuto imparare qualcosa devono a De Crescenzo lezioni raffinate ed energiche, impartite col sorriso e con un severo e al tempo stesso affettuoso rigore, sopra le onde brevi di un gioco che sopra la superficie dell’acqua è tecnica e lucidità, mentre sotto è lotta e scontro fisico, in un doppio combinato per misurare tanto la scaltrezza quanto la bellezza di giocate improvvise e imprevedibili, in armonia con il pensiero a distanza di quelli come Paolo De Crescenzo, che ha definito “duro e leale” uno sport le cui imprese passano troppo spesso sotto silenzio. “La pallanuoto allena il rispetto dell’altro” ha sempre detto un giocatore e allenatore che sin dal principio ha intravisto il volto marziale della pallanuoto.
Laureato in economia, mister con le conoscenze della psicanalisi e della psicoterapia, attento osservatore dei fenomeni della comunicazione e abilissimo comunicatore. Paolo De Crescenzo, a suo dire, ha avuto due maestri. Carl Ramson Rogers come riferimento teorico, in virtù degli studi sulla Terapia non direttiva (una teoria intorno alla possibilità di autorealizzarsi e autoaffermarsi secondo valutazioni provenienti e suggeriti dall’esterno) dello psicologo statunitense, e Alexander Lowen per i suoi studi sulla bioenergetica. Poi, colui che Paolo De Crescenzo ha sempre raccontato come il suo maestro per eccellenza. Fritz Dennerlein, il nuotatore, pallanuotista e poi allenatore considerato una leggenda. De Crescenzo una volta ha dichiarato di averlo considerato come un padre. Di fatto, una relazione tra grandi.
Sarebbe giusto se nella città di Napoli, se in altri luoghi d’Italia, se anche all’estero, soprattutto nei paesi dove la pallanuoto è molto seguita, si dedicassero a Paolo De Crescenzo luoghi e attività, soprattutto per portare avanti le sue idee, i suoi insegnamenti, il suo esempio. Per avvalersene, per farne buon uso. La migliore delle scuole. Quella che non impone, che non comanda per la sola ragione in sé. Quella per cui il successo e l’insuccesso, la vittoria e la sconfitta, di fatto, conservano la stessa dignità, perché scaturite dallo stesso sacrificio. Proprio come insegna il doppio luogo della pallanuoto. Sopra l’acqua, dentro l’acqua. Come l’uomo. Come ha compreso Paolo De Crescenzo.