Giuseppe Rossi a casa, Lorenzo Insigne in Brasile: eccola qui, la vera 'bomba' deflagrata ieri, in serata, all'atto dell'ufficializzazione della lista dei 23. E' doverosa, però, una rilassata premessa: non condivido la scelta del C.T.. Ma la rispetto, e questo non cambierà d'una virgola l'intensità del mio trasporto azzurro, da sabato 14 a mezzanotte in avanti. L'ho scritto non più tardi di qualche ora fa, e lo ribadisco: nessuno, meglio di Prandelli, conosce i nostri ragazzi, in senso assoluto e, nella fattispecie, allo stato di forma attuale. E, soprattutto, nessuno meglio di lui può decidere chi meglio si colloca nella sua idea tattica di calcio: ecco perché qualsiasi scelta, anche la più apparentemente irrazionale, va non solo rispettata e accettata, ma anche capita. Anzi, meglio: è nostro obbligo cercare di capirla. Ed è esattamente quello che cercheremo di fare.

 

...E DESTRO? Domanda futile, che ci poniamo comunque per questioni di completezza. Il ballottaggio riguardava solo l'azzurro ed il viola, e non il centravanti giallorosso, unica, vera, primissima e non prima punta per caratteristiche tecniche e tattiche, e che, proprio per questo motivo, se la giocava con Immobile e Balotelli. Il calcio di Prandelli però, per stessa ammissione del mister, dovrà esser non 'bailado' ma quantomeno ragionato. Ed è per questo che ogni tipo di giocatore di manovra è stato privilegiato rispetto agli altri. Due centravanti, insomma, bastano e avanzano per mettere in campo gli unici due moduli che presenteremo durante i Mondiali: il 4-3-3 ed il 4-3-1-2. In ambo i casi, il posto per il centravanti è uno solo. Da qui l'esclusione di Destro: altrettanto sofferta, ma figlia, evidentemente, di considerazioni diverse.

 

INSIGNE E ROSSI: IL VALORE ASSOLUTO. La bilancia, in questo frangente, è oggettivamente foriera di considerazioni che vanno in contrasto con la decisione del C.T.. Rossi è oggi uno dei tre migliori attaccanti italiani, in virtù d'una inaspettata vena realizzativa che, peraltro, prescinde dal suo utilizzo da prima o seconda punta: 17 gol in 24 presenze stagionali portano il suo rapporto minuti/marcatura a soglia 100. Roba da bomber di prima fascia, che certo non è comparabile ai 9 in 51 presenze di Insigne, a cui servono 366 minuti - ovvero 4 partite - per andare a segno una volta. Ma in generale è oramai diversa anche l'impostazione in campo dei due. Lorenzo parte sempre molto defilato, e fa fatica anche a tagliare in area: ha oramai perso molti dei movimenti tipici dell'attaccante, concentrandosi nel ruolo di esterno di manovra che gli hanno ritagliato addosso gli ultimi periodi, nell'Under ed al Napoli. Detto ciò, il valore di Pepito è di gran lunga superiore rispetto a Lorenzo. Ma questo, alle volte, non basta.

 

INSIGNE E ROSSI: LA CONDIZIONE FISICA. Insigne ha giocato una stagione particolarmente ballerina. Ha alternato prestazioni eccellenti, e lunghi periodi di buio - coincisi peraltro con lo sbocciare di Mertens -, oltre che di subalternità in campo: mesi nei quali, peraltro, non ha visto la porta neanche con il cannocchiale. Il finale di stagione, però, è stato eccellente, ed il suggello, con la doppietta in finale di Tim Cup, ne è testimonianza. Per Rossi, invece, fino al K.O. perpetrato per mano di Rinaudo a gennaio, è stato un delirio di crescita, e senza neanche una caduta a vuoto: la lungodegenza, però, ne ha minato il recupero, e gli ultimi spezzoni di gara, sommati ai 70 minuti da titolare contro l'Irlanda ce l'hanno riconsegnato come volitivo, speranzoso, ma non ancora decisivo come lo era nell'autunno scorso. Oggi Pepito c'ha tenuto a ribadire che sta bene, e che i test sono buoni: Prandelli, però, aveva già spiegato che la questione s'era spostata sul piano psicologico, e non meramente clinico. E su questo, solo il C.T. e il ragazzo possono conoscere la verità. Peccato che, probabilmente, nessuno dei due ce la dirà mai. Anche perché, forse, ne è realmente inconsapevole.

E allora, meglio un Rossi al 60-70%, e con alcuni, presunti, limiti mentali, o un Insigne al 100%, convinto e voglioso di dimostrare all'opinione pubblica che si sbaglia? Forse non è neanche questo - o comunque, non solo questo - il campo argomentativo sul quale ci si deve scontrare.

 

INSIGNE E ROSSI: LA QUESTIONE TATTICA. ...Arriviamo al quid. Prandelli ha sempre ribadito che se Rossi fosse stato bene, sarebbe andato al Mondiale. Rossi, però, dice di star bene, ma non c'andrà comunque: possibile quindi che ci sia dell'altro, dietro all'avvicendamento? Ci sono o non ci sono anche delle motivazioni tattiche, dietro questa inattesa e roboante, a modo suo, decisione? E se si, quali? Nel gioco delle coppie provato, e riprovato a Coverciano, e confermato al Craven Cottage, le partite si giocavano a due: Rossi-Immobile e Cassano-Balotelli. Vero è anche, però, che nelle occasioni in cui Prandelli ha provato i tre in linea, le proposte sono state Cerci-Immobile-Insigne e Cerci-Immobile-Cassano. E detto che Balotelli evidentemente può alternarsi con il neo arrivato al Borussia, il posto, per Pepito, nell'attacco a tre non è previsto, mentre per Insigne sì. E se, in definitiva, la sterile sfida all'Irlanda avesse convinto il mister a fare un uso più massiccio del 4-3-3, vista anche la perdita forzata a Montolivo? Il capitano rossonero impiegato da trequartista è una fissa parorita proprio da Prandelli, che ha sempre preferito, dietro le punte, un uomo che gli garantisse più equilibrio tattico che rifornimenti ed inserimenti. Senza Montolivo, però, Aquilani e Parolo diventano le alternative principe dietro i 2, ma certo con minore appeal: ecco allora che Cassano, Cerci, Candreva e - appunto - Insigne e non Rossi diventano le due batterie di punte esterne atte e adatte a inscenare il 4-3-3. E se invece questa nostra disamina tattica, essendo basata per gran lunga su ipotesi, fosse campata in aria, ed il modulo dovesse restare il 4-3-1-2? Beh, in tal caso allora potremmo pentirci, e amaramente, dell'addio a Pepito. Che, almeno sino a una ventina di ore fa, era la migliore seconda punta che avevamo a disposizione.

 

Alfredo De Vuono