Sassuolo, Roma, Napoli: i sette giorni più importanti nella stagione della Lazio sono stati inaugurati nel modo più dolce. E pensare che tutto era iniziato alla stregua di un incubo. Domenico Berardi non trovava il gol in Serie A da 216 giorni, l'ultima volta ci era riuscito col Pescara addirittura ad agosto del 2016. Dopo il Milan (ai rossoneri ha fatto male otto volte in carriera) è proprio la Lazio (5) la sua seconda vittima preferita. Ma se da un lato la "resurrezione" del gioiellino calabrese faceva presagire un pomeriggio di riscatto neroverde, dall'altro gli uomini di Di Francesco non avevano fatto i conti con un preoccupante trend stagionale: quello del più alto numero di punti persi (18) da situazione di vantaggio. Un primato, a conti fatti, ulteriormente peggiorato dopo la rimonta biancoceleste.

Rimonta inaugurata dal solito Ciro Immobile, per il quale spendere anche solo una parola in più sarebbe persino superfluo. Il sottoscritto, però, si sente comunque in dovere di farlo: 18esimo gol in campionato, 20esimo stagionale (con tanto di conseguente e meritatissimo bonus contrattuale da 200 mila euro), nono centro nelle ultime undici giornate, senza considerare le 5 reti in Nazionale (il migliore della gestione Ventura, da questo punto di vista). Più in generale, 50esima gioia in 112 presenze nella massima categoria. E un calcio enorme a chi, dopo le esperienze all'estero, lo aveva ridicolmente definito "bollito".

L'1-1 a Reggio Emilia è arrivato al 42' ed è coinciso con il primo tiro nello specchio della prima frazione laziale. Basterebbe questo dato per fotografare al meglio il tenore dell'approccio al match di Biglia e compagni. E' vero, cinismo e fortuna l'hanno fatta da padroni indiscussi. Ma c'è un terzo aspetto da sottolineare: il carattere di un gruppo che non molla mai. La consacrazione di un DNA da highlander è ancor più marcata se allarghiamo i confini dell'analisi a livello europeo: nessuno nel Vecchio Continente, infatti, ha finora ottenuto un bottino così consistente di punti (9) in rimonta in trasferta. Vittorie sui campi di Sassuolo ed Empoli, pareggi su quelli di Torino, Napoli e Chievo. Una sola parola: tenacia.

Menzione speciale anche per Felipe Anderson, al suo nono assist in campionato (come Callejon, nessuno meglio di loro), e per il demiurgo Inzaghi, ormai non più considerabile come una sorpresa della panchina. I cambi della ripresa (Keita e Lombardi), decisivi perché capaci di cambiare completamente volto alla partita, ne sono la prova schiacciante.

E ora all-in sul derby di ritorno. Per la finale basterà non prendere 2 gol in 90 minuti, altrimenti farne uno e subirne massimo 3. Ma, conoscendo questi ragazzi e l'importanza della stracittadina, difficilmente verranno fatti tutti questi calcoli. L'unico "lido felice" a cui si può lecitamente pensare è un altro: la possibilità di giocarsi oltre alla Coppa Italia anche la Supercoppa, se la Juventus dovesse vincere il suo sesto Scudetto di fila. Un stimolo ulteriore, dunque. Come se ce ne fosse bisogno.