La data odierna (ieri ormai) è di quelle per nulla indifferenti, di quelle con cui avremmo voluto stupirvi, regalarvi (!) attimi di tensione, paventando improbabili cambi di maglia, irregolarità europee, mancate omologazioni di risultati.
Il Pesce d'Aprile, però, è stato amaro, proprio perché irreale; un eccesso di cattivo gusto simile avrebbe tolto il sorriso a qualunque fruitore. Avremmo preferito schifarci, pur di non crederci.
Giorgio Chinaglia a 65 anni lascia per sempre il calcio e la vita, l'aggravarsi di un infarto avuto alcuni giorni fa, gli è letale.
Il Long John se ne va in giorno non indifferente dicevamo, come non indifferente è stata la sua carriera tutta. Nato a Carrara nel 1947, si trasferisce in Galles all'età di 9 anni. I primi calci al pallone da professionista sono con la maglia dello Swansea con cui disputa due stagioni. Tornato in Italia, inizia la vincente carriera tra le fila della Massese e dell'Internapoli in serie C.
L'esordio con la maglia della Lazio in Serie A, avviene nella stagione 1969-1970, dove realizza 9 gol, migliorandosi l'anno successivo con 12 marcature. La stagione è positiva per il bomber ma negativa per la sua squadra che retrocede in serie cadetta.
Proprio il 1971 è l'anno di Giorgio Chinaglia, 21 gol e promozione.
Il ritorno in Serie A si avvicina a quelli che saranno gli annali storici della sua Lazio. Scudetto sfiorato, perso, in favore del Napoli. L'anno successivo però Giorgione, come lo chiamavano gli amici, riuscì a rendere immensa la sua Lazio, i suoi colori. 24 reti che sanno di tricolore, quell'egemonia bianconera che svanisce ai piedi di un'Aquila che in quegli anni volava solo col suo nome.
Nel 1974 approda nel mondiale di Germania, ma i continui dissidi e il cattivo rapporto con il commissario tecnico Ferruccio Valcareggi, con il quale ebbe anche un duro scontro verbale in campo, non rendono indimenticabile la sua uscita. Esperienza però che gli permette di fare “ottime conoscenze”.
Nel 1976, a poche giornate dalla fine lascia Roma, direzione Cosmos, in quello che oggi sarebbe definito il “club galattico” con Pelè, Cruijff e, appunto, Beckenbauer, l'eroe del Mondiale '74.
Nonostante gli ottimi risultati sportivi, l'aver conseguito il titolo di miglior marcatore di sempre nella North American Soccer League con 193 gol in 213 partite, l'esperienza fallisce sul piano della programmazione aziendale e nel 1983 torna in Italia a riprendersi la “mente” e le redini di quella che considera la sua casa, la Lazio.
Lo fa da “estremo”, senza tentennamenti e vie traverse; proprio come sono state abituate le persone che lo hanno circondano, la gente che ha creduto in lui; quella che non è mai rimasta delusa, quella che gli crede ancora.
L'affare non riesce, “Il John” termina le risorse e lascia il testimone della presidenza. Torna in America, studia, si documenta e ci riprova. Ma l'esito è peggiore del primo e si conclude con un mandato di cattura internazionale per aggiotaggio e riciclaggio, per quella che è un'operazione improvvida, costata cara.
Il resto è triste storia recente, le accuse di una scalata alla Lazio finita male e la latitanza. Con un altro pezzo di storia che ci lascia, un altro grande interprete del calcio, del nostro calcio, che in silenzio, firma l'ennesimo addio.
Addio Long John.
Fabio Guzzo