Il campionato italiano fino a un decennio fa, ancora di più fino alla fine del vecchio millennio, è stato considerato il più difficile al mondo. La Serie A, però, al di là del valore delle squadre di alta classifica, era stata sempre caratterizzata dalla presenza di “piccole” capaci di mettere in seria difficoltà anche le grandi. La provincia calcistica italiana vanta club che hanno vinto scudetti, coppe Italia, che hanno sfiorato imprese in competizioni continentali, che in passato hanno fornito calciatori a nazionali importanti e che hanno sempre assicurato spettacolo ed emozioni, oltre che un livello di gioco molto alto, alle dispute per non retrocedere. La lotta per la salvezza un tempo determinava anche quella per gli scudetti e per le qualificazioni nelle coppe. Fino a che i campionati hanno previsto i due punti alla vittoria, giocare in trasferta su campi di squadre di bassa classifica voleva dire anche accontentarsi del pareggio. Regolamenti (soprattutto dal punto di vista disciplinare) e sistemi di gioco diversi, oltre che una maggiore rilevanza dei settori giovanili rispetto al mercato, inibivano le goleade, consegnando spesso tabellini poveri di segnature, con risultati risicati e letture di gara che consegnavano un frequente equilibrio. I numeri, ben dimensionati in distanze più corte, dimostravano un livellamento verso l’alto e una compressione della classifica dove tutti avevano paura di tutti.

Negli ultimi decenni il calcio è cambiato molto. Sono cambiati i regolamenti, le regole e le logiche di mercato, la gestione dei vivai e molti altri aspetti. Un’aristocrazia finanziaria molto potente ha determinato un divario quasi incalcolabile tra una parte delle squadre e la maggioranza di club, molti anche storici, destinati a fare da comparsa e da partecipanti nei principali tornei. La quota comprimaria si è affollata e si è allontanata da quella protagonista. Un dato evidente, anche rispetto agli altri principali campionati europei, in Italia è rappresentato proprio dal rendimento delle cosiddette piccole. Anche adesso tra queste ve ne sono alcune che vantano storie di campionati vinti, di partecipazioni a Champions e di squadre che un tempo sapevano fare la voce grossa. Volendo osservare in via del tutto parziale e indicativa i numeri delle classifiche, da quella italiana, rispetto alle prime sei giornate, emerge un rendimento che nelle zone basse scava già un gap che dal punto di vista numerico dice già molto. Sempre relativizzando un’analisi che in questo momento non può essere attendibile in via definitiva, su un campione di sei partite e su un mese di campionato, alcune differenze sono già evidenti.

Proviamo, solo come strumento ad hoc, ad adottare un sistema di proiezioni rispetto alla media punti delle squadre che occupano gli ultimi posti della classifica, in particolare di quelle delle posizioni che rappresenterebbero un’ipotetica lotta per non retrocedere. Attualmente in serie A dal quattordicesimo al ventesimo posto ci sono sette squadre piazzate in una forbice tra 4 e zero punti. La quart’ultima e le terz’ultime, rispettivamente Udines, Genoa e Verona, hanno 3 e 2 punti. Significa che, sempre in via molto relativa, la proiezione salvezza, rispetto a una media punti di 0,5 da parte della prima salva, sarebbe intorno ai 20 punti (lo scorso anno il Crotone si è salvato con 34 punti). In Spagna, invece, la quattordicesima, il Villareal, ha 7 punti, mentre le due attuali contendenti per la salvezza raddoppiano quasi il punteggio delle due italiane, con una proiezione salvezza intorno ai 32 punti (lo scorso anno la terz’ultima spagnola ha concluso con 31 punti). 

Il campionato inglese, quello tedesco e quello francese non differiscono molto da quello spagnolo, con numeri simili e con pochissime varianti, ma in forbici comunque assimilabili allo stesso tipo di equilibrio. Addirittura il campionato dei campioni d’Europa in carica, quello portoghese (benché non tra i più alti dal punto di vista della qualità e della difficoltà), presenta un equilibrio molto più avvincente. In Primeira Liga, in cui però il campionato è a 18 squadre ed è stato quasi completato il settimo turno, a 7 punti c’è la decima in classifica, che ha appena due punti di vantaggio sull’Aves (5 punti), ultima. Nove squadre in due punti.

Sia nella Liga, nella Bundesliga (che pure è a 18 squadre), nella Premier e nella Ligue 1, alcune delle squadre che al momento sarebbero retrocesse in serie A occuperebbero posizioni della cosiddetta zona tranquilla, come, per esempio, il Deportivo, il West Ham e il Leicester (terz’ultime a pari punteggio), il Friburgo e il Racing Strasburgo a 4 punti, oppure Digione e Lilla che in Francia sono terz’ultime a 5 punti. In Germania, dove il massimo campionato ha due squadre in meno, la proiezione della quota salvezza sarebbe di quasi 40 punti. La penultima della Premier, della Bundesliga, della Ligue 1 e della Primeira Liga nell’attuale classifica della serie A sarebbero tranquillamente in zona salvezza.

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Adesso, smettendola di dare i numeri (numeri che potrebbero prestarsi ad analisi ulteriori), resta comunque un dato indicativo di un cambiamento da parte di un calcio, quello italiano, che assume le sembianze dell’alto rendimento in stile europeo verso l’alto (anche se la comparazione quantitativa e qualitativa rispetto ai gruppi competitivi di Germania, Spagna e Inghilterra non è a favore della serie A), ma che deprime in maniera preoccupante quello verso il basso che, a differenza dei campionati citati, dove ancora qualche piccola ogni tanto sbarra la strada a una grande, sembra attrezzarsi soltanto di bandiere bianche.