TIFOSO BILANCIATO - Diritti TV Serie A – Nelle pieghe della Legge di Bilancio 2018 ci sarà un passaggio che riguarda anche il mondo del calcio: l’art. 26 porterà infatti ad una modifica dei criteri di ripartizione dei diritti televisivi in Serie A, concretizzando quanto da tempo annunciato dal Ministro Lotti.

Questo il testo, per ora ancora provvisorio, dell’articolo:

Art. 26. Ripartizione delle risorse del Campionato di calcio di Serie A

La ripartizione delle risorse assicurate dalla commercializzazione dei diritti audiovisivi relativi al Campionato italiano di calcio di serie A, dedotte le quote di cui all’articolo 22, è effettuata con le seguenti modalità: a) una quota del 50 per cento in parti uguali tra tutti i soggetti partecipanti al campionato di serie A; b) una quota del 30 per cento sulla base dei risultati sportivi conseguiti; c) una quota del 20 per cento sulla base del radicamento sociale.

La quota di cui al primo comma, lettera b), è determinata nella misura del 15 per cento sulla base del risultato conseguito nell’ultimo campionato, nella misura del 10 per cento sulla base dei risultati conseguiti negli ultimi cinque campionati e nella misura del 5 per cento sulla base dei risultati conseguiti a partire dalla stagione sportiva 1946/1947. 3. La quota di cui al primo comma, lettera c), è determinata sulla base del pubblico di riferimento di ciascuna squadra, tenendo prioritariamente in considerazione il numero di spettatori paganti che hanno assistito dal vivo alle gare casalinghe disputate nell’ultimo campionato. 4. Con decreto dell’Autorità di Governo che esercita le funzioni in materia di Sport, da adottarsi entro centoventi giorni dall’entrata in vigore della presente legge, sono individuati i criteri di ponderazione delle quote di cui al comma 1, lett. b), nonché i criteri di determinazione del pubblico di riferimento di ciascuna squadra di cui comma 1, lett. c).

Cambiano quindi gli scenari. Ma quali saranno gli effetti sui conti delle società di calcio? La riforma nasce dal presupposto di ridurre il differenziale fra le “grandi” e le altre squadre, cercando però di non introdurre elementi di eccessiva penalizzazione. Nonostante occorrerà attendere il decreto del Ministro nei 120 giorni dall’entrata in vigore della legge, è possibile iniziare a ipotizzare cosa potrà accadere. L’argomento è stato oggetto di un articolo apparso su Il Fatto Quotidiano a firma di Lorenzo Vendemiale, con il quale abbiamo condiviso la metodologia di analisi ed i risultati della stessa.

Risorse più equamente distribuite, maggiore importanza del risultato sportivo

L’innalzamento della quota ripartita in maniera uguale fra tutte le squadre partecipanti alla Serie A è la prima delle due modifiche previste dalla legge: sia arriva adesso ad un 50% del totale delle Risorse Economiche Nette, che corrispondono a circa 6 mln di euro in più per ogni squadra.

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L’altro cambiamento significativo è rappresentato dall’aumento strutturale del peso del risultato sportivo più recente privilegiando il campionato in corso (15%) e l’ultimo quinquennio (5%) rispetto ai risultati storici dal 1946 (che in precedenza pesavano per il 15%). Questa modifica dovrebbe (almeno così l’abbiamo intensa nel predisporre la simulazione) far sparire la misura temporanea che aveva portato alla distribuzione delle cosiddette “risorse incrementali” sulla base della classifica del campionato.

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Il confronto fra le due soluzioni

Partendo da un valore netto di Risorse Economiche Nette pari a 924 mln di euro (il dato dovrebbe essere leggermente cresciuto nella stagione 2016/17, ma tale variazione assoluta è sostanzialmente irrilevante ai fini di questa analisi) otteniamo questi risultati:

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Le squadre più penalizzate sono quelle che in precedenza traevano una quota rilevante dei propri diritti annuali dall’area oggi definita dalla legge come “radicamento sociale”.

Fino alla stagione 2016/17, infatti, una quota pari al 30% del totale veniva attribuita sulla base del criterio dei “sostenitori” (25%) e del numero di abitanti dei Comuni che ospitavano le squadre (5%). Parliamo di oltre 256 mln di euro, la maggior parte dei quali erano ripartiti a seguito dei risultati di indagini demoscopiche commissionate dalla Lega di Serie A i cui risultati, purtroppo, non sono mai stati resi ufficiali. In questo contesto i club che potevano ottenere maggiori benefici erano, dopo la Juventus che predominava la scena forte della sua percentuale di sostenitori vicina al 25%, le altre grandi, che potevano approfittare sia del traino di tifosi, sia del contestuale peso della cittadinanza (Roma, Milano, Napoli).

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La variazione negativa della quota attribuita sulla base del rendimento sportivo deve invece essere letta in maniera meno pesante di quanto non possa inizialmente apparire: non dobbiamo dimenticare che nella nostra ipotesi abbiamo completamente eliminato circa 69 mln di euro rappresentati dai “diritti incrementali” (cioè la quota di risorse che sono state messe a disposizione dei club per il triennio in corso, rispetto a quelle che venivano distribuite con il vecchio contratto). Situazione che era nata come decisione “eccezionale” dell’Assemblea di Lega per uscire da un momento di impasse e discussione e che ora dovrebbe essere stata superata in maniera strutturale dalla rimodulazione delle percentuali di ripartizione delle quote a favore dei risultati più recenti rispetto a quelli storici.