Era solo un anno fa, che calcisticamente può essere un’era geologica, e in questo caso lo sembra sul serio. Era un anno fa, quando, dopo un pur convincente inizio, su Alessio Romagnoli, bollato come il “mister 30 milioni” del mercato rossonero (anche se la cifra investita dal Milan per l’ex romanista non era esattamente quella, ma decisamente inferiore), si abbatteva, dopo quella della perplessità estiva, l’ondata dell’ironia generale. Ci hanno campato un po’, alcune pagine Facebook goliardiche, quanto poco lungimiranti, sull’entità dell’investimento rossonero per strappare Romagnoli alla Roma.

Perché il tempo, sull’affare Romagnoli, inizia a dare ragione al Milan. E’ bastato affincargli un compagno di reparto affidabile e d’esperienza come Paletta, per vedere il centrale migliorare, crescere esponenzialmente, fino a far ridiscutere addirittura a Ventura le gerarchie (dei titolari) in azzurro, senza che sembri una bestemmia. A Roma, e altrove, sulla questione Romagnoli non viene da ridere più a nessuno. Non solo per la crescita del giocatore, ma perché la crescita del giocatore ha permesso al Milan, nel 2016, di sfiorare un trofeo e di vincerne un altro, come alla Roma, e altrove, non è accaduto. 

E adesso, con questa situazione di classifica, con i rossoneri che dal prosieguo della stagione, rispetto alle aspettative, sembrano avere solo da guadagnarci, sembra essere il momento adatto per passare a incassare anche le fiches della scommessa-Bertolacci. Un’altra storia iniziata, mediaticamente, come quella di Romagnoli, e sulla quale il tempo potrebbe rivelarsi galantuomo.

Il calcio italiano ha preso atto che il progetto Milan, nato più per necessità che per virtù, nonostante l’ispirazione Berlusconiana del “Milan giovane e italiano” avesse del virtuoso, comincia a dare i frutti sperati, forse con insperato anticipo. E, dopo aver guardato con interesse, entra in azione.

Non è un caso che l’affare che porterà Gagliardini dall’Atalanta all’Inter (30 milioni circa, un numero che torna, stavolta non ammantato di ironia e scetticismo) sia il più oneroso per le casse nerazzurre per un’italiano dai tempi di Vieri, quasi vent’anni fa. Interessante, il paradosso che vuole un’Inter costretta a passare ai cinesi per tornare a investire sugli italiani: ma è il paradosso che rafforza l’idea che la strada coraggiosa tracciata dal Milan abbia fatto scuola.

Non ha mai smesso di investire sugli italiani, giovani e meno giovani, la Juventus. Eppure nell’inserimento graduale ma sempre più riuscito di Rugani, in un reparto che sembrava avere per Allegri certezze granitiche, complice qualche illustre infortunio, è curiosamente contestuale consacrazione di Romagnoli al Milan. E per la squadra che forse più di tutte negli ultimi due decenni ha puntato sull’italianità, fa specie un reparto offensivo, trequarti compresa, senza interpreti nostrani. Forse anche così si legge la determinazione con cui i bianconeri puntano a Berardi. Lo ha detto Galliani, all'indomani della conquista della Supercoppa: “gli italiani hanno un senso di appartenenza e di attaccamento alla maglia diverso”. Magari è dalla cintola in su che la Juventus potrebbe ricominciare a seminare quell’italianità che ha reso grande la sua retroguardia, per puntare, attraverso al nostranità, all’Europa.

Non tutte le ciambelle riescono col buco: quello che la Juventus è riuscita a fare con Rugani, il Napoli non ha (ancora) fatto con il suo ex compagno di reparto, Tonelli. E il caso Gabbiadini è doloroso, per il Napoli quanto per il calcio italiano, con la speranza che quella di Pavoletti sia una storia declinata in modo diverso. Lo spazio, la convinzione e la perseveranza (certo, anche per mancanza di alternative) è stata la chiave del successo del progetto-giovani rossonero. Locatelli regista titolare sarebbe stata una follia, solo qualche mese fa. Oggi l’Inter, quanto di più distante tradizionalmente da questo tipo di operazioni, scommette, e forte, su Gagliardini. La strada è tracciata, il veicolo per percorrerla anche. A bordo fiducia, convinzione e pazienza. Almeno per chi può permettersela: e se la sperimantazione non fa più ridere nessuno, ma anzi fa studiare ed emulare, appare già un risultato enorme.