Leonardo Pavoletti, capitano del Cagliari, ha parlato della sua stagione nel corso di un'intervista concessa ai microfoni di Radio Serie A.

Intervista a Pavoletti

Squadra? «Mi sono accorto che negli anni bisogna rendere orgogliosi i propri compagni. In questo modo ci saranno dei benefici. Un giocatore che gioca da solo non mi piace, credo nel gruppo anche se non sono tutto rosa e fiori: concentrazione, voglia di allenarsi… sarò sempre molto ruvido»

Cagliari?  «Anche se il primo anno non è stato perfetto, ci ho messo un po’ ad entrare nel cuore dei tifosi. Anche quando non gioco sono sempre riuscito a leggermi con l’ambiente della città. Cagliari mi ha studiato e accettato. Poi è nato il vero amore e mi hanno donato tutto loro stessi»

Nicola? «Mister Ranieri è stato fondamentale, senza di lui non saremmo tornati dove siamo oggi. Ci ha insegnato tanto e il passaggio non era semplice. Poche persone potevano prendere il suo scettro ma anche per la credibilità con giocatori e tifoseria. Nicola ci sta riuscendo: è una persona di valori, ti guarda in faccia, dice cosa pensa, a volte può anche sbagliare ma ci ha fatto respirare cose positive. Non abbiamo sentito lo stacco da mister Ranieri: Nicola giorno dopo giorno lavora molto bene, ci sono stati vari fattori che ci hanno fatto dire “siamo in buone mani, seguiamolo al cento per cento”»

Carriera? «La mia carriera si sta esaurendo. Cerco di prendere quello che mi viene offerto. C’è un momento in cui puoi mangiare il mondo, ti confermi, ti affermi, il campo conta più di tante altre cose e ti focalizzi sul rettangolo verde. Crescendo ti accorgi che ci sono altri valori che servono al club»

Gol? «Non si contano i gol, ma si pesano? Ti dico la verità: è difficile da spiegare e far capire questa cosa. È bellissimo ma il giorno dopo hai nuovi obiettivi. Tante volte, non mi sono mai sentito Pavoletti-calciatore: è stato sia un bene che un male perché potevo pretendere qualcosa in più. Ma tutto mi ha portato a tante esperienze, tanti amici: non sono mai quello che dipingono. Per me è un gioco: non sento mia l’etichetta dell’uomo dai gol pesanti. Molte cose mi sono andate bene. È merito della squadra»