Lo ammetto: ho passato 71 minuti di Napoli-Lazio a criticare Insigne. La sua prestazione è stata nettamente al di sotto della sufficienza e non è la prima volta. Lorenzinho ha ormai buttato quasi tutta la prima parte della stagione e quello che doveva essere l’anno della definitiva consacrazione, si sta rivelando l’anno del “bluff svelato”. Tutti ci aspettavamo di più da lui e credevamo che questo calciatore, che, ricordiamolo, è ancora poco più che un ragazzo, potesse essere a Napoli quello che è stato Totti per la Roma.
A me Insigne piace, ma non piace. Non saprei spiegare: è probabilmente il primogenito di tutte le mie più grandi contraddizioni. Mi danno per difenderlo dai critici e offendo chi lo esalta. Aspetto sempre la sua consacrazione, che, purtroppo, non è ancora arrivata e non è detto che arrivi. Cambio idea da un giorno all’altro sulle sue qualità: fenomeno, imbroglio, delizia, croce. A volte lo amo, perché assomiglia alla faccia bella dello scugnizzo napoletano, figura che via via sta andando perduta. A volte lo odio perchè mi fa sentire come quando non fai l’amore con la tua ragazza da giorni e proprio quando c’è casa libera le vengono le mestruazioni; come quando a lavoro sei convinto di aver finito i tuoi doveri e sbuca quell’ultimo compito che ti fa tardare; come aspettare un pullman a Napoli. E’ una continua attesa. Qualcosa che non sai se arriva o no, e ti fa impazzire.
Una cosa però non mi sognerei mai di fare: fischiarlo. Fischiare un ragazzo di 22 anni nel giro della Nazionale è una cosa che solo un pubblico ignorante come parte di quello napoletano può fare. Un pubblico che si crede da Real Madrid solo perchè riempie lo stadio da anni. Un pubblico che urla al proprio presidente “Pappone!” dimenticandosi tutta la merda che De Laurentiis ha spalato dal nostro giardino, su cui cresceva solo vergogna e anonimato e dove adesso fioriscono piazzamenti Champions e stupore internazionale. Un pubblico che è arrivato a criticare Higuain e Benitez.
Insigne, De Laurentiis, il Napoli, questo meraviglioso giocattolo che potrebbe toglierci anni di schiaffoni dalle gote, arrivate (poverine) a chiedere pietà, non si fischiano: si amano. E chi non lo capisce merita la vana prosopopea di Gaucci e Corbelli, il fallimento di Naldi, i cross di Lacrimini, i dribbling di Pasino e i gol di Stojak. Merita tutto quello che questo Napoli, ringraziando gli dei del Calcio, non è più e mai più tornerà ad essere.
Fabiano Medugno