Trecentosessantasei giorni e un paio di ore per il ritorno al gol di Ezequiel Lavezzi.
 
Quando al 16’ il pocho serve Hamsik, in rete, prima che l’arbitro annulli, il San Paolo inizia a farsi cupo. Silenzioso a tratti, in attesa di quel gol scaccia-malignità che manca ormai da un anno, una stagione, un’era.
L’era dei traguardi, dei musi lunghi e dei mal di pancia; l’era di una storia che si ripete, l’illusione di una nuova epoca che sempre più sembra concretarsi e materializzarsi in convincente consapevolezza, quella che lascia intuire che l’anomalia siano i cinque lustri di assenza e non l’attuale permanenza. 
Sono tre minuti di pensieri vaganti, di menti che rimembrano il passato confluendo col presente. Poi la svolta. Il pocho porta in vantaggio il Napoli e lo fa proprio come sanno fare i campioni, proprio come compete a lui, che campione assoluto forse, ancora non lo è, ma fuoriclasse di certo. Assist volante di Cavani e destro al volo dell’argentino. L’inizio di una nuova avventura, il pocho è tornato al San Paolo.
 
L’ultima volta era quasi stata una maledizione; gol capolavoro al Milan in una notte da momentaneo addio ai sogni di gloria, per ritrovarsi ancora per rimandare ancora, almeno, fino alla gara di ritorno.
 
Il pocho si riprende il San Paolo, il suo stadio. Quello che non spegne i riflettori e che culla i suoi tifosi mai esausti, in coda per un biglietto che valga la trasferta di Monaco. Il resto del reparto d’attacco è un Cavani in versione Palermo, concreto, piacevole ma poco decisivo. Ombra di quello schiacciasassi autore di ventisette reti che tanto ha sorpreso la scorsa stagione. Il modulo di Mazzarri, come lo scorso anno sacrifica tantissimo il matador che non sempre può inventarsi gol in versione Juventus. In attesa del migliore goleador italiano, ci accontentiamo del trascinatore europeo, per scrivere ancora una volta la storia in Europa, il posto che compete a questo Napoli.
 
 
Fabio Guzzo