Come già accaduto in passato, sono lieto di ospitare, tra le pagine del mio blog, le riflessioni dell'amico Niccolò Bagnoli (@NiccoBagnoli) in merito all'accadimento che probabilmente, sotto il profilo tecnico, ma soprattutto romantico, a nostro parere ha segnato in maniera più determinante i giorni di questa sessione invernale di calciomercato 2017: l'addio alla Sampdoria, dopo quasi 10 anni, di Antonio Cassano.

“Non succederà più…”. Scatenato. 

Maglia bianca, calzettoni bianchi, in mutande, sciarpa rossa al collo. Lo spogliatoio inondato di champagne. Gigi Delneri completamente imbevuto di gavettoni e innaffiato dallo spumante, camicia aperta. Lo va a prendere, lo trascina in mezzo ai compagni, lo invita a ballare. Lo sguardo divertito, appena in disparte, del presidente Garrone. E giù tutti in coro: “Non succederà più…”. E lui a fare il mattatore. Inebriato di Samp. E ora non succederà più davvero. Antonio Cassano, quello in mutande, calzettoni, maglia bianca e sciarpa rossa al collo, ha lasciato la Sampdoria. Stavolta per sempre. Stavolta non per colpa sua. Stavolta senza nemmeno una spiegazione. E quindi nel peggiore dei modi. Perché se all’epoca della prima separazione gli si era effettivamente occlusa la vena e a farne le spese era stato il povero Garrone, che lo aveva giustamente allontanato con il silenzioso placet della piazza, questa volta magari la vena gli si era tappata lo stesso, però a difesa del gruppo. In breve, i fatti: la Samp perde un terrificante derby per 3-0, una delle peggiori prestazioni di sempre contro l’odiato Genoa. Al termine della partita l’avvocato Romei irrompe negli spogliatoi e scarica la sua ira sulla squadra, prontamente difesa da Fantantonio, magari anche con parole grosse, ma questo conta poco. Conta che Cassano aveva difeso il gruppo. Si era comportato da leader. Un Derby figlio di una stagione scellerata, una discussione figlia di una dirigenza che ancora non sapeva come muoversi nel mondo del calcio. Perché non dimentichiamo – e incrociamo le dita, tifosi sampdoriani, che alla fine del mercato, al di là dei proclami, manca ancora molto perché il colpo a sorpresa, negativa, venga fatto – che in due occasioni la Samp è stata depauperata nel bel mezzo della stagione dei calciatori chiave quali prima Gabbiadini e poi Eder solo per scellerate scelte societarie, ottenendo risultati per esclusivi demeriti altrui: la qualificazione ai preliminari di Europa League perché il Genoa non consegue la licenza Uefa, la salvezza perché dietro nessuno è riuscito a fare punti mentre il Doria otteneva rocambolescamente gli ultimi 3 punti della stagione contro la Lazio e chiudendo le ultime tre gare con uno score di 0 punti, tre sconfitte, 10 gol subiti e nemmeno uno segnato. Per quell’episodio, la Samp prima licenzia Cassano, poi straccia la lettera. E fin qui, panni sporchi lavati in casa, e va bene così. La parte brutta è quella che segue: la conferma di Fantantonio a giugno, l’ingresso nella rosa di Giampaolo, poi l’improvvisa retromarcia, prima non rientra nel progetto, l’offerta di fare il dirigente, l’onta di allenarsi da solo alle peggiori ore della mattina o della sera, cambiandosi con i magazzinieri. Il tutto senza una parola. “Non rientra nel progetto, facciamo altre scelte”, parole pronunciate da quelle stesse persone che giusto un anno prima si erano bagnate la bocca per il suo ritorno, perché “si merita di finire la carriera alla Samp, e poi farà il dirigente”. E invece la storia finisce con un ragazzo solo, il suo nome sul sito ufficiale della società senza foto, il numero di maglia non depositato in Lega. Tutto senza una apparente risposta se non “progetto”, parola ricorrente in ogni squadra italiana e che puntualmente ogni anno naufraga nella maggior parte dei casi. La storia tra Antonio Cassano e la Sampdoria finisce qui. E va bene, perché le storie finiscono. Ma non è una questione tecnica riguardante un ragazzo di quasi 35 anni con mezzora di autonomia nelle gambe (anche se nella pochezza della Sampdoria degli ultimi due mesi, c’è posto, eccome, per uno come lui. Parafrasando quella stessa canzone, “Quando ho bisogno di te, succede che tu non ci sei…”). 

E’ una questione di rispetto. Un rispetto che Antonio, stavolta non ha avuto. Ma non è che non lo riceve dalla Sampdoria. Non lo riceve da chi la Sampdoria la governa. Con la Sampdoria è finita una storia. Ma non l’amore. Quello non sfiorirà mai. Perché Antonio Cassano da Bari Vecchia, signori cari che prima gli avete chiuso la porta in faccia e poi avete cambiato la serratura, è molto più sampdoriano di tutti voi.