Cara Elsa Fornero,

questa, pur avendo l'incipit, la struttura e tutti i connotati d'una lettera vera e propria, in realtà non lo è. Le lettere, io, le scriv(ev)o agli amici, agli amori, ai familiari, al limite agli sconosciuti: ma in quel caso le firmo e basta, perché me le scrive l'avvocato. Avvocato, oddio: diciamo che mi fingo avvocato, e le faccio scrivere dal mio alter ego. Perché io, un avvocato vero, proprio non me lo posso permettere.

E poi perché le lettere si scrivono a chi le leggerà: quindi, non è questo il caso. Ecco perché evito a priori di spedirgliela, e tengo queste righe per me e per il mio blog. Oddio, una raccomandata potrei anche permettermela: ma sa com'è, di questi tempi, cinque euro posson fare la differenza tra il pagare e non pagare una bolletta.

 

A proposito di bollette: ne ho una decina qui a fianco, sulla scrivania. Le pagherò sicuramente, più poi che prima: ma non voglio star qui ad angustiarLa descrivendoLe le peripezie che compio tutti i giorni, da un paio d'anni a questa parte, per farlo. Sul web sono già tante, forse troppe, le testimonianze dei pochi - su questo avrà anche ragione - giovani di questo Paese che, pur avendo avuto la sventura di vivere la propria vita in un'epoca ed in una terra così misera di opportunità rispetto ai talenti, compiono l'imponderabile per campare, che la mia non sarà né l'ennesima, né la più significativa di queste.

Anche e soprattutto perchè di quello che faccio, com'è giusto che sia, non importa a nessuno: siamo noi a dover dimostrare prima a noi stessi, piuttosto che agli altri, di cosa siamo capaci, ma soprattutto di cosa siamo disposti a fare per trasformare una passione in un lavoro.

 

Ecco qual è il passaggio delle sue recenti dichiarazioni che m'ha lasciato di stucco, e che probabilmente non è stato in alcun modo né elaborato nel suo recrudescente sottobosco para-sociologico, né (rac)colto dai milioni che hanno interpretato il suo verbo.

Nel definirci choosy, Lei, oltre ad aver insegnato a noi popolo del web un nuovo termine da masticare, ed a twitter una nuova tendenza, ha trascurato un dettaglio imprescindibile. 

Che chiedere ad un ragazzo, con delle ambizioni tangibili, con dei sogni realizzabili, magari con del talento inestinguibile, di accettare quel che passa il convento in attesa di tempi migliori, è il peggiore degli insegnamenti. Ed il tono simil-morboso e materno che ha utilizzato per divulgarlo è solo uno schiaffo travestito da carezza.

 

Perché un bravo musicista dovrebbe legittimamente ambire a lavorare suonando la sua chitarra: e non abbandonare il suo talento per strada, come un assassino farebbe con un cane. Così come un buon laureato in giurisprudenza, che ama la sua professione e conosce la legge, deve poter fare l'avvocato, e non lo scribacchino. Ad un ragazzino che ama il calcio, e che si immagina un futuro da calciatore, né un genitore né tantomeno un Ministro dovrebbero mai azzardarsi a dire "ma pensa a studiare, altrimenti rimarrai a vita uno scioperato".

A dei giovani e talentuosi giornalisti, di cui questa ed altre redazioni pullulano, nessuno dovrà mai permettersi di dire "fate altro, non fate gli schizzinosi, perché di giornalismo non si campa"; così come ad un ingegnere dalle belle speranze neanche il peggiore dei suoi nemici avrà mai l'arroganza di dire "mettiti a fare altro, perché di lavoro non ce n'è".

A sua figlia Silvia, stimato medico con tanto di cattedra all’Università di Torino, o a suo figlio Andrea, giovane regista e produttore, spero che né Lei né nessun altro abbia mai chiesto di "accontentarsi", nella propria vita: e presumo che Lei, oggi, sia fiera di loro anche per questo motivo.

 

Potrei andare avanti per ore, portando in dote migliaia di esempi che però Lei, da Ministro del Lavoro, quantomeno dovrebbe conoscere meglio del sottoscritto. Ma non andrò avanti: anche perché Lei, o chi la pensa come Lei, mi replicherebbe a tono, dicendomi che in quelle parole non c'era intenzione alcuna di delegittimare le ambizioni, tarpare le ali ai sogni, anzi: c'era semplicemente, ed al contrario, la volontà di invogliare alla flessibilità ed alla disponibilità, in un momento così poco felice, ed in attesa di tempi migliori. 

        

Ma noi non vogliamo essere flessibili, né tantomeno disponibili, cara Elsa. Noi vogliamo vivere in un Paese in cui la strada che porta ai nostri sogni sia non solo tangibile ed asfaltata, ma percorribile. Ovvio, con le nostre gambe, consci di quanto sia irto di ostacoli ed avversità quel percorso: ma il cartello con su scritto "Divieto d'accesso", a bordo strada, tenetevelo per voi. 

Voi, generazione corruttibile e corrotta, voi che avete avuto per decenni in mano le redini di quel bel burattino di nome "Italia", voi che le tante possibilità e strade che offriva questo Paese, la sua Economia, ed il suo mercato del lavoro, avete prima attraversato e poi calpestato, occludendocene l'accesso. 

Voi che adesso, dall'alto degli scranni del potere, vi permettete di chiederci le stesse "lacrime e sangue" che voi avete provocato, voi che chiedete a noi di scontare gli irreversibili danni socio-economici che la vostra generazione ha compiuto. Voi, che il cartello di "Divieto d'accesso" vorreste piantarlo ex abrupto sulla strada che porta ai nostri sogni, e che invece dovreste collocare lì, a metà via tra le vostre coscienze ed il nostro dolore.

 

Il dolore di tutti noi, cui adesso, dopo averci lasciato in eredità le vostre brutture, dovreste chiedere, invece di non esser choosy, di tenere gli occhi chiusi. 

Lo faremmo di buon grado, caro ministro. Un po' perché l'alternativa, di fatto, non ce l'abbiamo. Ed un po' perché se c'è un modo, ad oggi, di trasformare in realtà i propri sogni, è proprio quello: tener gli occhi chiusi. 

Anzi, gli occhi choosy: proprio come piace a Lei.

 

P.S.: Stavo scherzando, Ministro. In realtà abbiamo tutti 30 anni, viviamo ancora a casa, ed a spese dei nostri genitori, e se non ci si propone un lavoro da almeno 2000 euro al mese a massimo 5 chilometri da casa, ci sputiamo sopra. Così come sputiamo dentro al brodino che fa mammà, se lo fa col dado piuttosto che con la gallina

 

P.P.S.: Occhio, che 'Lucignolo' era un film: e non a caso.

 

P.P.P.S.: Stavo scherzando di nuovo, quando dicevo che non posso permettermi un avvocato. Anzi, sappia che, se volesse querelarmi, il mio plotone di monarchi del Foro è pronto a combattere. Li pagherò a rate millenarie, se necessario: tanto loro choosy non sono a-s-s-o-l-u-t-a-m-e-n-t-e. 

 

Alfredo De Vuono