di Antonio Pellegrino
Quando si inizia a raccontare una partita, un evento, un qualcosa di cui vogliamo rendere partecipi gli altri che ci ascoltano con più o meno interesse, a volte abbiamo difficoltà a capire da dove iniziare la descrizione dei fatti: se partire dall’inizio e seguire un ordine cronologico, oppure passare direttamente alle occasioni salienti, oppure partire dalla fine per poi risalire a ritroso. Come sempre: in medio stat virtus.
E proprio nel mezzo che, come sempre, si nasconde la virtù. Peccato che, anche stavolta, qualcosa non sia andato per il verso giusto. La partita non ha dato grandissimi spunti, ma qualche occasione per sbloccare il risultato c’è stata. Non adoro attaccarmi agli episodi, ma spesso e volentieri questi cambiano il corso della partita. Dare un rigore, sacrosanto, a metà del primo tempo avrebbe potuto cambiare il risultato finale e il corso degli eventi. E sommando questo episodio ad altri passati… magari adesso si potrebbe scrivere di altro. “E’ la somma che fa il totale“, diceva Totò. E al netto di quanto accaduto, un debito con la Dea bendata è in fase crescente.
Certo è che, oltre alle mani altrui, il destino proprio solitamente lo si scrive con le proprie mani. Gli eventi esterni possono sì condizionare un andamento, ma la base deve essere di pugno proprio. E di questa non c’è tanto da lamentarsi, visto che il cammino della Roma è speculare a quello della Juventus con quel famosissimo scontro dello Juventus Stadium che mette le distanze tra le due squadre. C’è un po’ di rammarico per l’occasione finale dove Gervinho e Yanga-Mbiwa che dialogano in spazi strettissimi e si trasformano in un attimo in Neymar e Messi. Peccato che sul più bello rispuntano le treccine nere e davanti a Diego Lopez ritorna ad essere Gervinho, con la sua lucidità sotto rete che non sempre aiuta i giallorossi. Peccato anche per Mattia Destro, che al momento è la brutta copia di se stesso.
Gambe in spalla e pedalare. L’importante ora è non guardarsi indietro e ripartire, dopo la sosta, più forti e affamati di prima.