1976. Roberto Boninsegna, amatissimo bomber di 7, lunghi, anni nerazzurri, alla veneranda età di 33 anni e dato per bollito dalla dirigenza, viene scambiato con Pietro Anastasi.
Centravanti della Juve, in 8 anni il ragazzo di Catania era riuscito a mettere in carniere qualcosa come 130 gol in 8 anni: non male, considerato anche che, rispetto a Bonimba, si parlava d'una punta di 5 anni più giovane. Lo scambio si fece. Boninsegna, a Torino, ebbe modo di giocare da titolare e vincere due scudetti, una Coppa Italia ed una UEFA. Pietruzzu 'u turcu, invece, nella fredda Milano non lascia traccia. Dura un paio d'anni, poi va a chiudere una carriera ampiamente al di sotto delle aspettative ad Ascoli.
La storia si ripete una decina d'anni dopo. E' il 1985 quando Ernesto Pellegrini, presidente nerazzurro, alla ricerca d'un mediano di spessore, chiede il 31enne Tardelli alla Signora. Lo ottiene, con la Juve che paga 6 miliardi di lire in tutto, valutando il ragazzo dell'urlo mondiale 3,2 e spedendo, in controparte, Aldo Serena, all'epoca 25enne in rampa di lancio. Ed anche qui l'aneddotica si spreca: si narra d'una convocazione presidenziale d'urgenza del ragazzo di Montebelluna mentre si trovava alla prima assoluta del concerto milanese di Bruce Springsteen. In due anni a Torino Serena segna 21 volte, vince scudetto e Intercontinentale. Nell' '87, poi, compie il percorso inverso: torna all'Inter per 3,5 miliardi, di fatto giocando gratis a Torino. Tardelli, a Milano, durerà poco. Un biennio opaco, in cui non ripeterà neanche a tratti i fasti che lo resero un campione pluri-premiato, oltre che un acclarato sex symbol. Nel 1987 si svincola e decide di svernare al San Gallo.
Passano altri 20 anni. E' il 2004 quando, dopo 24 mesi opachi a Milano - "I più tristi della mia carriera", dirà -, Fabio Cannavaro viene 'rapito' dalla manus longa di Luciano Moggi. All'Inter, che inizierà il corso Mancini, viene girato un portiere 25enne di nome Fabian Carini. In tre anni quest'ultimo gioca 4 partite con la maglia nerazzurra: Cannavaro, invece, ne gioca 74 in due anni, vincendo un Mondiale ed un, discusso e discutibile, campionato.
2008. Dejan Stankovic, 30enne tuttofare nerazzurro, dopo una stagione di titolarità in bilico, messo alle strette da un certo Luis Figo, viene di fatto silurato da José Mourinho. "Voglio un playmaker, ne abbiamo bisogno: Deki l'anno scorso l'ha fatto, ma non è il suo ruolo". Moratti comincia a pensare a Sneijder ed il serbo - che ha chiuso la sua carriera l'11 ottobre scorso - va alla caccia di nuove emozioni. Lo chiama la Juve, ma i tifosi schiumano rabbia: e senza neanche bisogno del contributo amplificatore dei social network (twitter all'epoca contava ancora 'solo' 100mila cinguettii al giorno). Salta tutto, Stankovic resta a Milano. Gioca 31 partite su 38 in campionato, segna 5 gol e marca l'ennesimo scudetto.
Gennaio 2014. Twitter ha abbondantemente oltrepassato il mezzo miliardo di iscritti, 5 milioni dei quali solo in Italia. Su Facebook la fanpage ufficiale dell'Inter conta 3 milioni di fans; 450 mila, invece, ne 'followano' i tweets. Quando radiomercato lascia che si divulghi nell'etere la possibilità dello scambio Guarin - Vucinic, gli effetti sortiti sono indicibili. Marotta e Ausilio sono a pranzo insieme, per chiudere l'affare, e l'account si produce in una nostalgica ed amara riflessione del già compianto Moratti: "La squadra è da sostenere proprio in questi momenti". E' il caos.
Sotto il post nell'arco di pochi minuti si susseguono decine, centinaia...6350, alle 10 di stamane, commenti offensivi nei confronti della dirigenza, rea di scambiare un giocatore ritenuto più forte e prestante, oltre che di tre anni più giovane, all'avversaria di sempre. La trattativa prosegue, e nel frattempo i media rimbalzano anche i dettagli dell'affare: la proposta di scambio è alla pari, nonostante la valutazione di Guarin da parte dell'Inter si aggiri intorno ai 15 milioni, mentre la Juve, solo qualche ora prima, s'era resa disponibile a cedere il montenegrino all'Arsenal per 10.
Su twitter la cosiddetta 'top trends' (gli hashtags, ovvero argomenti di discussione, più celebri del momento) cominciano a folleggiare, e nella top 10 delle tendenze, nel giro di pochi istanti, cominciano ad alternarsi in simultanea i vari #Guarin, #Vucinic, #GuarinVucinic, #Inter, #Juventus, #Thohir, #Branca. I tifosi 'vip', sempre tramite l'uccellino, rincarano la dose. La rete s'è schierata: Guarin alla Juve non s'ha da fare.
Il post incriminato - www.facebook.com/InterOfficialPage
Troppo tardi. Il Guaro ha già salutato i compagni, ed ha raggiunto in centro, a Milano, i dirigenti bianconerazzurri, che s'adoperano per definire i suoi dettagli contrattuali. Qualche centinaio di chilometri più in là, a Vinovo, intanto, Mirko svuota l'armadietto, abbraccia Pepe e Bonucci - che poi, sempre tramite twitter, gli daranno l'ormai canonico 'in bocca al lupo' - e sale in macchina: direzione, Pavia, dove sostiene le visite mediche che di fatto sanciscono il suo trasferimento all'Inter.
Sono le 18:00 circa, quando Ausilio viene informato della rivolta intestina dei tifosi tramite i social: la partita cambia, ed i vertici meneghini si mettono sulla difensiva. 'Salta tutto, anzi no, discutiamone: ma vogliamo un conguaglio'. La Juve rifiuta, l'Inter si impunta: e Guarin - che minaccia addirittura di smettere di allenarsi, incurante delle multe che rischia - e Vucinic, consapevoli di non poter più tornare nei rispettivi clubs, vogliono che le porti girevoli si schiudano con tenacia inversamente proporzionale a quella dei loro sostenitori. Il Presidente indonesiano dirama un comunicato privo di alcun significato, che segue alla amara e pungente nota di dissenso diffusa dalla curva nerazzurra.
Il teatro dell'assurdo si innesca, le parti si aggiornano, la trattativa si farà: ma con correttivi. Perché chi paga il biglietto, le magliette, l'abbonamento alle pay-tv e le trasferte conta sì, ma fino ad un certo punto.
Quanto? Uno, due milioni. Più bonus, al limite. Quelli che la Juve verserà nelle casse di Thohir, consentendogli così di creare ex novo un tesoretto da sommare a quello derivante dalla cessione a titolo definitivo di Ranocchia al Borussia - e qui si aprirebbe una nuova, ampia parentesi non solo tecnica - e di sferrare l'attacco ad Hernanes. Con, nel motore, un Vucinic in più. E qualche tifoso in meno.
E 'Qualche', ovviamente, rischia di essere un eufemismo.
Alfredo De Vuono Follow @AlfredoDeVuono