La realtà ha sfiorato il sogno e adesso c’è quasi dentro. Vent’anni fa fu l’aspirazione tornare a divertirsi, nel calcio che conta, a ridosso delle grandi, magari procurando il giusto fastidio. Oggi quel fastidio è un altro tricolore, a breve distanza da quello che aveva restituito la felicità a una città che pensava di non vederlo più. Questo è più forte, più potente, più presente a se stesso. E lo dice quell’Antonio Conte che adora il concetto di fastidio quasi quanto il suo stimato se stesso.
Un concetto maturato a ridosso di quelle grandi che in questo momento temono il Napoli come non succedeva dai tempi di Maradona. La discrezione pulita e distaccata di De Bruyne, il giorno dopo le parole ferme e precise dell’allenatore del Napoli, completa la sommatoria convinta di una squadra che sa quello che vuole. In forma di aspirazione, per l’ennesima volta. Stavolta, però, con le dovute possibilità. Non poche. Già a passo svelto attraverso un mercato con le idee chiare e le adeguate combinazioni. Come mai era accaduto al secondo anno di un allenatore. Forse solo con Ancelotti, ma quello era un Napoli che l’allenatore emiliano aveva trovato, non aveva costruito.
Antonio Conte ha recuperato le macerie preziose di un Napoli che si era improvvisamente sottovalutato da solo e lo ha riportato nella misura del successo. E dentro questo processo è maturato anche lui. “Forse l’unica cosa di cui mi do la colpa è di non avere avuto la giusta pazienza”. Riferendosi a un passato vissuto a volte troppo in fretta altre volte senza saper aspettare. Nonostante i successi, nonostante i segni quasi sempre a suo favore.
Gli hanno chiesto di misurarsi in Champions come mai gli è successo di fare. La sua replica sulla necessità, ogni volta, di ricominciare con squadre da ricostruire anche in Europa non ha il sapore della scusa pronta, ma un fondamento di verità. Un rimando sottile a un mondo del calcio che chiede subito e che non sa più attendere il momento giusto. Perché un atteggiamento più prudente e disposto a durare nel tempo sa premiare tanto chi parte già grande quanto chi studia per diventarlo.
Fa specie che una risposta simile sia arrivata da quel Conte troppe volte “accusato” di appartenere a una cultura della vittoria proveniente da sponde sgradite. Invece la simbiosi con un ambiente diverso ha fornito pure questa lezione. Dalla fermezza di Antonio Conte, dalla sua voglia di non accontentarsi è arrivato un posizionamento ancora più solido e difficile da scalfire. Che non si dà un tempo, ma il tempo. Proprio lui che ha saputo fare presto.