Quella felicità doveva avere un prezzo. Per tutti. Tifosi, squadra, società. La violazione degli equilibri divini sarebbe stata pagata cara. Tre allenatori nella stessa stagione per una squadra campione in carica – andando a memoria – non si erano mai visti. Il Napoli ha scandito il suo disastro di scelta in scelta. Da Garcia, passando per Mazzarri, adesso nelle mani di Calzona che non sarà dei miracoli, ma che almeno garantisce perizia.

Ma la punizione per l’hybris tricolore può avere soltanto il volto dei fallimenti tecnici? Che il principale responsabile sia Aurelio De Laurentiis è condiviso da chiunque. Pure da lui. Allora quello che appare come intervento costante alla situazione che si è venuta a creare subito dopo lo scudetto, di fatto, battezza la sua gestione con la dicitura ‘soluzione continua’. Col vizio di fondo, però, che di soluzione non si tratta, ma di smontaggio amaro di quello che lui stesso si è costruito addosso nel corso dei mesi immediatamente successivi al 4 maggio del 2023.

Sì, perché spesso si trascura che il Napoli ha avuto tempo. Ne ha avuto in anticipo sul suo stesso trionfo, quando la presidenza avrebbe potuto valutare presto e con maggiore attenzione la gestione su un dopo Spalletti, su un dopo Kim e tutta una serie di decisioni che non avrebbero dovuto trasformarsi in tardivi e desolanti ravvedimenti. E la prova che tutto sia stato sbagliato sin dal primo momento è data proprio dalla scelta di Calzona e Sinatti, inviati speciali dalle rispettive nazionali per recuperare il recuperabile dei campioni d’Italia. Perché De Laurentiis ha fatto appello a chi gli ha consentito di raggiungere certi traguardi, perché il presidente del Napoli ha riconosciuto il valore della perizia e della qualità delle cose. Del ruolo al ruolo e della conoscenza alla conoscenza.

Dal primo Benitez allo scudetto, il Napoli di De Laurentiis ha trovato lustro ogniqualvolta ha saputo consegnarsi alla cura di chi di pallone se ne intende, ma non per pedigree, ma per reale e concreta applicazione. L’arrivo di Calzona, e nessuno può dire quanto potrà giovare alla squadra, ha in sé i segni di una resa a se stesso. È avvenuto lo smontaggio di una presunzione che ha bisogno di riconsegnarsi alla fiducia altrui. De Laurentiis ha chiamato all’opera una parte di quel passato a cui senza volerlo si era talmente legato da non riuscire a staccarsi più senza un bagno di ridicolo. Soprattutto perché a quel passato non aveva saputo trovare degne alternative.

Il ritorno di Calzona, che mai era stato primo allenatore, ma che conosce bene l’ambiente e ci ha lavorato con contributi decisivi in termini tecnici, non è avvenuto certamente per questo, ma uno dei significati involontari, quello di fondo, di quelli che se ne stanno in silenzio a contemplare con amara commiserazione, è anche questo.