Un anno speciale il 2020 per Alen Boksic, l'ex attaccante croato che negli anni '90 si mise particolarmente in luce nel massimo campionato italiano di serie A.

Nello stivale la sua fu un'esperienza decisamente gloriosa, se pensiamo che ha vestito le maglie della Lazio prima e della Juventus dopo, con risultati alterni.

Fisico da corazziere, viso scavato dai tratti piuttosto ruvidi, ma un animo gentile e nobile, a tutto ciò si aggiungono una tecnica fuori dal comune per la sua stazza e la notevole velocità in progressione.  

Sebbene non sia stato un vero e proprio leader che guida la squadra da protagonista, in carriera non ha mai raggiunto cifre importanti alla voce goal, rispetto alle sue qualità indiscusse.

In campo era una figura imponente e che si faceva notare, arretrava fino alla trequarti, conquistava il pallone, lo proteggeva col suo fisico e con una o due finte inchiodava sul posto l'avversario di turno. 

Il corso della sua carriera 


Cresciuto nell’ Haiduk Spalato e dopo avere disputato le prime 4 stagioni da professionista (segnando 27 goal in 96 partite), viene notato dai francesi dell’Olimpique Marsiglia coi quali arriva a disputare la finale di Coppa dei Campioni.

Sfida il fortissimo Milan di Capello, che però non è nella sua miglior serata. Una squadra confusa ed opaca che il Marsiglia può battere, e ci riesce per 1-0 con gol di Boli e portando il trofeo in Francia.

La stagione 1992-1993 è la più prolifica della sua carriera: In quella stagione, segna 22 goal in 37 partite, giocando come punto di riferimento centrale della manovra marsigliese. 

La Lazio del patron Cragnotti mette gli occhi su Boksic, e per farne l’ariete dello squadrone a disposizione del tecnico boemo Zeman, sborsa 15 miliardi delle vecchie lire.

Stranamente però, il progetto non gira alla perfezione, Il giocatore mostra subito le proprie qualità, apprezzate da tutti gli addetti ai lavori, Zeman compreso, ma non riesce a dare continuità al suo calcio con grandi prestazioni alternate ad altre abuliche.

Il passaggio alla Juve


Dopo tre stagioni e sole 17 reti in 67 partite, nell’estate del 1996, il croato viene acquistato dalla Juventus.

Timbra il cartellino contro il Manchester United su assist di Zinedine Zidane, battendo in uscita il portiere Peter Schmeichel col suo pezzo pregiato: il pallonetto.

 Il croato era rapidissimo e tecnico, sapeva dribblare in velocità agevolato dalle lunghe leve con le quali era abilissimo a rubarti il tempo e concedendo ai difensori avversari soltanto un’affannosa e inutile rincorsa.

Dopo ottime iniziali prestazioni in Coppa dei Campioni (goal a Istanbul contro il Fenerbahçe e doppietta contro il Rapid Vienna nel 5-0 del 30 ottobre del ’96) e un paio di gol in campionato (Cagliari e Udinese), comincia la flessione coincisa, per la verità, anche con qualche guaio muscolare.

Conclude la stagione in bianconero disputando e perdendo la finale di Coppa Campioni contro il Borussia Dortmund, ma facendo in tempo a vincere scudetto e Coppa Intercontinentale nella storica finale di Tokyo contro il River Plate.

La stagione successiva, tornato alla Lazio, vi rimane fino al 2000, facendo coincidere la maturità calcistica con l’era più vincente dei bianco celesti.

In quest’arco di tempo vince moltissimo: 1 scudetto, 2 Coppe Italia, 2 Supercoppe Italiane, l’ultima edizione della Coppa delle Coppe e 1 Supercoppa Europea; concluderà la carriera con gli inglesi del Middlesbrough.