Dopo il mercoledì “nero-shocking” di Champions League (e c’è la sensazione che con qualche minuto di recupero in più a Milano il nero sarebbe stato ancora più denso), il pessimismo cosmico pervade la penisola. Dato agli atti che è la peggiore stagione europea per l’Italia con la nuova formula (con due squadre eliminate nel girone, e una sola che accede agli ottavi per il rotto della cuffia), e che a far male sono soprattutto le modalità con cui il Napoli è stato eliminato, vittima di un bug statistico ancor prima che di un girone che scellerato è dir poco, ci affidiamo ad almeno tre pensieri confortanti, in un momento così difficile.

Uno: passano gli anni, passano i giocatori, passano le dirigenze, passano le gerarchie nazionali, passano i modi di investire e le quantità degli investimenti, ma non passa il Milan europeo. Che non detta più legge, non è più armata di conquista ma terreno da conquistare, eppure continua ad essere una garanzia: la garanzia di trovarlo lì, agli ottavi di finale di Champions League, sempre e comunque. 11 partecipazioni in Champions League negli ultimi 12 anni, e per 11 volte i rossoneri hanno superato il girone qualificandosi agli ottavi. Magari mai in un girone come quello del Napoli, ma è anche merito proprio, non trovarsi in un girone così, merito del proprio curriculum, anche quando il Milan torno (dopo un po’) testa di serie in Champions, e beccò, come seconda nel proprio girone, il Real Madrid di Mourinho nell’unica stagione in cui i detti blancos non furono teste di serie. E, a proposito del rossonero interesse: con 0 gol in 6 partite, forse Tevez non è proprio il fuoriclasse di dimensione mondiale per cui continuare a strapparsi i capelli. Specie se son quelli di Galliani.

Due: Fiorentina, Lazio, Napoli, Juventus, con finale in Italia, finale a Torino. Essere presenti in quella finale, magari doppiamente presenti, non deve essere una eventualità, deve essere un dovere, con un plotone di squadre così. Per il ranking europeo, ma anche per la storia e l’autostima nazionale: da 13 anni una italiana non si gioca la finale di Uefa. E’ l’anno buono.

Tre: Con l’eliminazione delle due portoghesi, entrambe indecentemente teste di serie ad agosto (bah), forse c’è il primo passo per avere, il prossimo anno, urne un po’ meno balzane e risibili. Le stesse urne che hanno consentito, assieme alla magra figura di una squadra (toh!) francese, che il Napoli, a 12 punti, uscisse.

In tempi come questi, ci si lenisce anche così.

 

Ezio Azzollini