Zlatan Ibrahimovic e Mino Raiola, una coppia che dal 2004 surriscalda tutte le estati europee rompendo equilibri di mercato e stravolgendo l'ottica dei grandi club.
Toccherà al Milan salutare il binomio indissolubile. Dal 2004, quando Ibra si trasferì alla Juventus, governano il mercato estivo.
Il mal di pancia è la solita arma del delitto, i soldi il classico movente, la ricerca di nuove esperienze l'alibi che non regge.
Nonostante le solite strategie l'omicido è sempre perfetto.
Scontato che ci sappiano fare, uno in campo e uno dietro ad una scrivania. Lo svedese è infatti il classico giocatore che vorrebbero tutti i procuratori come proprio assistito. Forte sul campo, glaciale nei rapporti umani. Non si fa pregare quando è ora di cambiare aria, non abbassa mai il proprio rendimento rendendolo sempre più appetibile agli occhi delle big.
Mino Raiola fa il resto. Si assicura della disponibilità di compratori, studia i contratti, divide i lauti compensi.
Solitamente ci guadagnano tutti: società, giocatore e procuratore.
Comprare Ibra significa voler cambiare tendenza, essere pronti a vincere. Questo quello che cerca il PSG, questo quello che avrà. Diciamocelo, se acquistano lo svedese e Thiago il campionato francese è già ipotecato. Soprattutto se ad amalgamare il tutto c'è Carlo Ancelotti, uno che di calcio se ne intende.
Con buona pace, si intende, dello sceicco Nasse Al-Khelaifi.
Ma parliamo di Ibra e PSG, immaginiamoci il futuro.
Zlatan al Parco dei Principi tra Ancelotti e Leonardo con la maglia colore blu navy con riga rossa e contorno bianco, una cassa di Malox per i mal di pancia futuri (lo sceicco non si farà mancare niente) e il microfono in mano.
Poi la classica frase da mano destra all'inguine: "Vinceremo tutto" e la solita balla cosmica: "Ho sempre tifato PSG"
Pietro Turchi