di Elio Goka

 

La parola polemica ha un’origine antica. Il suo significato è riconducibile al combattimento, al guerresco. Inutile dire quanto la sua declinazione diventi sgradevole quando si verifica con antipatia rispetto al calcio, luogo di grande concentrazione frivola e isterica. Forse non è ancora possibile stabilire quanto l’espansione dell’opinionismo stia facendo bene al pallone. Sono talmente tutti alla ricerca dell'originalità a tutti i costi che quasi quasi diventa simpatica la retorica.

 

I ricami e i risvolti sui temi pretestuosi, solo per sfoggiare analisi alternative, con l’unico scopo, probabilmente, di apparire originali e distinguibili, diventano la nebbia sulle cose meravigliose che questo gioco, di tanto in tanto, riesce a regalare. Non credo valga la pena soffermarsi sulle note infastidite di chi non apprezza le esultanze dopo la partita, sulle rivalse infantili a lunga distanza, sul tutto il campionario, per farla breve, del media medio, sempre più incline allo spirito di contraddizione fine a se stesso, male armato, molto male, di lanternino diogeniaco alla ricerca dell’uomo e delle azioni sbagliate, a sua dire, ovviamente.

 

In un campionato prevalentemente mediocre e privo di bel gioco, come l’attuale serie A, sarebbe bello se l’armata delle opinioni si concentrasse sulle cose che meriterebbero di essere al centro dell’attenzione. Napoli-Torino, per esempio, conserva un’azione che molto raramente è possibile vedere in un torneo in cui, tranne rare eccezioni, molto si affida a un’interpretazione speculare e attendista del gioco del calcio, metodo adottato anche da qualche "grande".

 

Il primo goal dei partenopei realizzato da Lorenzo Insigne con una conclusione di pregevole qualità tecnica e di grande astuzia - un goal da fuoriclasse - è il momento conclusivo di una manovra caratterizzata da un’azione di 27 tocchi, iniziata dal comodo appoggio di Reina a Hysaj, passando per i difensori, il movimento e la partecipazione di tutto l’undici di Sarri, l’accelerazione improvvisa dei mediani e la rifinitura ad alto tasso tecnico di Higuain e Callejon. Azioni così, in questa serie A, sono molto rare. Del resto, lo stesso Napoli aveva già dato prova di questa capacità in altre occasioni. Su tutte, il goal, sempre di Insigne, a San Siro, dopo un minuto di possesso palla e una fitta rete di passaggi veloci e di notevole criterio tattico.

 

Il calcio del Napoli di Sarri sta dando prova di un gioco che si potrebbe definire transnazionale, extra ordinem, su cui si potrebbe “chiacchierare” un po’ più a lungo, invece di sprecare fiato e battute su osservazioni che la storia di questa disciplina, in fondo, e per fortuna, sa pure rifiutare. Sarebbe bello se l’opinionismo di settore si dedicasse alla descrizione e all’elogio di azioni come quella vista in Napoli-Torino. Conserva più spunti quel mezzo minuto che ore e ore di desolante inutilità. Si spera solo che questo atteggiamento di molti, troppi opinionisti in preda a stati di deviata vanità, non si trasferisca pure laddove il calcio deve fare solo il calcio. Forse pure per questo c’è chi non bada alla tuta e ai vestiti eleganti, ma ai fatti. 

 

Un post scriptum dovuto

 

Peccato per le espulsioni di Ventura e Sarri. Il primo ha pagato lo scotto di una reazione emotiva travisata, il secondo ha interrotto la terapia anti fumo facendo l’invasore al contrario. Dal campo agli spalti. Che affare ridicolo queste espulsioni degli allenatori. Ci sono calciatori che in campo hanno comportamenti al limite dell’aggressione e non vengono neanche ammoniti. Note di colore nei grigiori arbitrali. Ma pure quello, chissà, diventa un mestieraccio al cospetto del fastidio ancora più grande dell’arte dell’opinionismo. Evviva i goal come quello di Insigne, evviva i calciatori che sanno esultare, si sanno emozionare e si sanno divertire.