Sembra ieri quando a Napoli si desiderava quello che sembrava quasi perduto. Adesso che il mancato è stato spodestato dal piacere della possibilità, tutto sembra dovuto. Soprattutto malservito. Antonio Conte è un allenatore, non un esperto di comunicazione. E questo a una parte della stampa napoletana sembra un concetto estraneo. Perché senza considerare le difficoltà che il Napoli sta affrontando dopo quindici infortuni, l’occhio critico si sposta sulle risposte di Conte in conferenza stampa.
La sua squadra non ha brillato. Non brilla da diverse partite e i difetti sono evidenti. Figuriamoci se non sono chiari prima di tutto a lui. Eppure ognuno parla come se lui non vedesse, come se non conoscesse le cose da migliorare iniziando prima di tutto dalle proprie responsabilità.
L’avversario numero uno di questo Napoli è la vanità del suo intorno a caccia di messe in discussione. Non è bastato vincere uno scudetto e riprendere e continuare da primi in classifica. Probabilmente al primo posto il Napoli non ci resterà, oppure accadrà che questa fase, in anticipo su quella già sperimentata nella scorsa stagione, di quando prima della gloria la squadra dovette affrontare mesi di campionato senza tanti calciatori, riserverà i suoi risvolti diversi dalle sue premesse.
Al di là di come siano arrivate, sarebbe curioso osservare cosa accadrebbe ad altre squadre se dovessero fare i conti con assenze da decimazione. Perché chi sta dall’altra parte delle conferenze stampa dovrebbe chiedersi se sia semplice gestire formazioni e cambi ogni tre giorni, senza sette, otto, nove titolari. E fare lo stesso in una fase di post preparazione in cui non è possibile combinare impiego e riposo per tutto l’organico. Perché qualcuno dovrebbe accorgersi che il Napoli sta facendo giocare calciatori in affanno perché non ha più cambi in quel ruolo. Da due portieri su tre fuori uso passando per un alternarsi di assenze e infortuni sempre in spinoso accordo con le necessità.
Davanti a certi avvenimenti allenatore e società possono poco. Eppure l’anno scorso quando per due mesi, quelli a ridosso dello sprint finale, Conte non ha potuto contare sulla metà di un organico già di per sé ridotto, il Napoli è arrivato comunque a vincere lo scudetto.
La Champions è un torneo diverso. Conte fa bene a ribadirlo. Perché per costruire qualità occorre che una squadra possa contare pure su una condizione e una lucidità che assicurino possibilità di scelta e non adattamento emergenziale. Il Napoli fino all’inizio di un’autentica decimazione, da cui solo da una settimana si sta poco a poco riprendendo, era molto diverso da quello di adesso. Nonostante tutto, la gestione di questa fase, necessariamente legata a un momento sacrificale del gioco, sta tenendo il Napoli in corsa per la qualificazione ai sedicesimi di Champions e al primo posto in campionato.
Nessuno può dire come finirà. La stagione è lunga. Per adesso l’unica certezza è solo questa cultura ambigua e scontenta di una parte della stampa che antepone le proprie ragioni sia alle analisi di fatto che a quello a cui dice di tenere, anziché rompere gli argini di retoriche e banalità a corredo di un commentario protocollare e servile.
Aveva ragione Maradona, tanti anni fa, quando in un’intervista disse che a Napoli si doveva prima di tutto capire che per vincere ognuno deve fare la sua parte. A distanza di tempo sembra invece che c’è chi deve agire tra le resistenze e chi sa sedersi al varco in attesa di poter liberare i suoi giudizi. Peccato che mai nessuno li ha mai visti andare in campo.