Questa è una storia di quelle alla Scorsese, nelle quali di ciò che è giusto e di ciò che è sbagliato interessa poco. Vale a dire: non è ancora il tempo, probabilmente, di decidere se giusto o sbagliato sia stato, dopo l’esonero di Montella (sul quale, purtroppo per l’Aeroplanino, la lancetta dell’opinione pubblica già da tempo tendeva spasmodicamente verso il giusto), affidare la panchina rossonera a una leggenda di casa. Una leggenda relativamente inesperta (e il relativamente va corsivato grosso quanto una casa, visto l’orgoglio con il quale Rino Gattuso ha immediatamente rivendicato, in conferenza stampa, le oltre 100 panchine nella sua nuova vita da mister). Certo, i precedenti di Leonardo, Seedorf, Inzaghi e mettiamoci anche Brocchi, la rendono fin da subito una storia thriller.
Ma se, appunto, questa fosse una storia per il cinema, fregandocene per un momento di giusto e sbagliato, va ammesso che gli sceneggiatori non avrebbero potuto scrivere un inizio di copione più avvincente. Perché anche per chi non aveva perso del tutto di vista il Gattuso allenatore dopo la pagina in riva all’Arno (in quel Pisa riportato in B due stagioni or sono, nonostante le enormi difficoltà societarie), anche per chi monitorava una Primavera rossonera che ben si stava comportando sotto la sua guida, l’abbinamento contro il Benevento di De Zerbi per l’esordio sulla panchina rossonera di Ringhio appare di grande fascino, pur se sulla carta non il più proibitivo possibile (ma occhio, che le ironie sui primi punti dei sanniti sono lì dietro l’angolo).
Gattuso-De Zerbi richiama immediatamente alla memoria quello che è anche l’apice della storia da cento panchine del Gattuso allenatore. Perché quel Foggia-Pisa vissuto ad alta tensione, con momenti di rimarchevoli duelli rusticani tra le due panchine, rappresenta non solo l’ideale ricongiunzione con il punto più alto della pur giovane avventura da allenatore di Ringhio. Ma restituisce, per l’appunto, l’immagine stessa di Ringhio, spostatosi dal campo alla panchina, senza perdere identità e caratteristiche. Chi nasce tondo non muore quadrato, gli piace spesso ripetere.
Restituisce, se possibile, anche il ritratto di un allenatore sanguigno, probabilmente non raffinatissimo, ma che forse incarna diverse cose delle quali il Milan attuale avrebbe bisogno. Schemi, certo. Tenuta difensiva: accidenti quanto occorrerebbe a questo Milan, e quanto ne abbondavano i toscani, sotto la gestione di Gattuso. Ma quel Foggia-Pisa, finale dei playoff promozione per la Serie B che magari non ha segnato la storia del calcio (curioso che, al volgere di una sola stagione, in B oggi ci sia il Foggia, e il Pisa che salì quel giorno sia tornato in C), dà il quadro perfetto dell’animus pugnandi che pare risiedere per dna nell’ex centrocampista di Corigliano Calabro. Il quale certamente avrà in sé molto altro da offrire, oltre all’agone esibito in quell’incontro ravvicinato con l’allora allenatore del Foggia, prima della gazzarra totale. Ma per la situazione attuale dei rossoneri, per quel che è sembrato mancare più di tutto fino ad oggi, quell’agone, quel sacro furor poco importa se non sempre urbano, è la prima cosa da considerare preziosa.
Cuore e impegno: queste sono state le primissime richieste di Gattuso, allenatore del Milan, al suo nuovo spogliatoio. Quella stagione al Pisa, e nella fattispecie quel pomeriggio allo Zaccheria contro il Foggia di De Zerbi, sono lì a testimoniare, in maniera abbastanza fresca e palese, che l’intera carriera da calciatore, e poi da allenatore passato attraverso discrete traversie e situazioni difficili, rappresentano un esempio ideale di cuore oltre l'ostacolo, di offerta totale di se stessi alla causa. Se val la pena per i giocatori rossoneri ispirarsi in tal senso a qualcuno, non occorrerà guardare troppo più lontano della propria panchina.
Per lui, per Ringhio, ripartire proprio da un duello contro De Zerbi, il partner del giorno indubbiamente più bello della sua seconda vita da allenatore, può non essere solo il disegno di un ottimo sceneggiatore. Può essere il segnale, il trait d’union tra quello che manca al Milan, quello che servirebbe, e quello che un mister giovanissimo, magari non raffinatissimo, ma che sa quel che è, può dare. Eccome. Da De Zerbi a De Zerbi, forse non c’era accoppiamento migliore per iniziare a (ri)prendersi il Milan.