Partiamo da un assunto: sono vecchio. Non in senso assoluto, per carità: anzi, mi sento molto più giovane del grosso dei miei coetanei. Diciamo che lo sono rispetto alla maggior parte di voi, che mi leggete settimanalmente qui su Fantagazzetta. Fatta questa doverosa premessa, veniamo al dunque. O quasi.
Comprai il mio primo 'Subbuteo' intorno al 1996. Forse a fine '95. Posto che non vi ritengo così giovani e scapestrati da dovervi spiegare cosa sia, mi piace specificare che - almeno all'epoca, oggi non saprei - la scatola base conteneva solo gli accessori strettamente utili a disputare una partita. L'immancabile panno verde, le porte, i palloni e due squadre generiche: la rossa e la blu. A parte, infine, era possibile acquistare ogni accessorio possibile e immaginabile per trasformare quel metro e mezzo di stoffa in un vero e proprio stadio: le tribune con tanto di miniature degli spettatori, il tabellone segnapunti, i riflettori, le telecamere, i recinti, gli omini raccattapalle, le forze dell'ordine, gli allenatori, le riserve da disporre in panchina. Quando lo acquistai, però, i miei primi, agognati, optionals furono tutt'altro: due squadre vere - per quanto il termine, associato al Subbuteo, possa apparire inadatto -, da scegliere tra quelle maggiormente in voga, in tutto il Mondo. Bene, pur non avendo particolari simpatie (per quanto se ne possano avere, a 12 anni) per nessuna delle due, comprai la Juventus ed il Parma. Nonostante le riproduzioni cromatiche, sulla confezione venisse presentata non la Signora, ma la Sampdoria di Mancini, che si scontrava proprio contro i ducali. E allora, perché investire i miei primi, imprescindibili, regali di chissà quale festa, nelle riproduzioni di Juve e Parma? Beh, semplicememente per un motivo: perché erano le due squadre più forti.
Juve e Parma erano come cane e gatto. Come Inter e Roma a cavallo dei '10, come Milan e Napoli a fine '80. Si rincorrevano un po' dovunque, in Italia e in Europa, spartendosi trofei e competizioni, lasciando al Milan la sola - si fa per dire - Coppa Campioni che, dei rossoneri, è sempre stato l'habitat ideale. Nel '94-'95, in particolare, il duello fu quasi di Leoniana memoria: i ragazzi sfrontati (e per questo ancor più temibili) di Scala, dopo un lunghissimo ed affascinante testa a testa, chiusero secondi, appaiati alla Lazio di Zeman e Signori, dietro i bianconeri. Ma fu in Coppa Italia e nella buonanima della UEFA che Juve e Parma diedero il vero spettacolo: gli uomini di Lippi e, tra gli altri, Roby Baggio, Ravanelli, Vialli ed un giovanissimo Del Piero vinsero anche il primo doppio scontro, ma vennero clamorosamente piegati nella finale più importante, quella europea. Nella quale un grande e rimpianto ex, come Dino Baggio, segnando sia al Tardini che al Meazza, diede la rivincita più bella ai biancoscudati. Che, per intenderci, 5 anni prima erano in Serie B.
(5-3-2)
Bucci;
Benarrivo / Mussi, Apolloni, Couto, Minotti, Di Chiara;
Pin / Crippa, D. Baggio, Sensini;
Zola, Asprilla / Branca.
All.: Nevio Scala.
Ecco perché fa ancora più male, vedere il Parma arrancare non semplicemente verso la Serie B - categoria che i ducali ben conoscono, e nella quale, peraltro, sono caduti anche nel recentissimo passato - ma verso un fallimento che, giorno dopo giorno, ora dopo ora, appare sempre più plausibile. Ecco perché capitan Lucarelli, e tutti gli altri, spingono verso l’istanza di fallimento: per accelerare un processo sempre più tediante, e, soprattutto, per provare a salvare, quantomeno, la categoria. E, di rimando, la storia: quella che a Parma si faceva quando lui era poco meno d'un promettente (e ruvido) stopper del vivaio del Piacenza, e di gente come Manenti, Ghirardi, e Taçi ne circolava comunque, in giro. Anche in quel di Parma, dove un certo Tanzi non fece meglio di quanto stanno facendo i vari, ed improbabili, personaggi che si sono alternati al comando della barca che affonda in queste settimane. Allora - era il giugno del 2004 -, dopo il crac Parmalat, per evitare la forse anche giusta ripartenza dal calcio dilettantistico, nasceva il Parma F.C., che, grazie all'opinabile Legge Marzano, assunse ogni precedente diritto del Parma A.C.. Compresa la permanenza nella massima serie.
Sono passati oltre dieci anni da allora, ed è tanto evidente quanto poco probabile che qualcuno debba pagare. Forse proprio Ghirardi, che per stessa ammissione di Lucarelli, in un anonimo giorno del novembre scorso, si recò negli spogliatoi spiegando che "era saltato il pagamento perché aveva intavolato una trattativa con Taçi per la cessione della società, ma la trattativa non era andata a buon fine". E che, alla legittima richiesta dei calciatori di veder onorato il proprio lavoro, rispose che "non avrebbe più messo un euro nel Parma. A quel punto la riunione si è fatta piuttosto tesa, sono volate parole grosse. Ci siamo sentiti traditi e presi in giro".
E' questo il Parma. E' questo il calcio, o forse quel che ne resta. Un gioco nel quale i dipendenti - e qui non parliamo di calciatori - , così come al di fuori di esso, possono ritrovarsi da un giorno all'altro a perder tutto, presi in giro dalle insensate (e per questo, ancora più grottesche) promesse di un manipolo di imprenditori, o presunti tali, ancora convinti di poterne trarre benefici diretti o indiretti. Che comprano un club di Serie A appoggiandolo a società con capitali fatti di poche centinaia di euro. Una roba che quelli bravi chiamano imprenditoria, e che potremmo fare anche noi, se fossimo altrettanto folli, o, semplicemente, sprezzanti. Perché di fatto non si corre alcun rischio sensibile a provare, no?
E allora, pronti-via con gli sbandierati milioni provenienti dall'est Europa, le cessioni affrettate perché la voglia è finita ed il giocattolo s'è rotto, le decine di famiglie - ovviamente, per i più populisti: ancora una volta, non parliamo di calciatori - in attesa di uno stipendio, e le migliaia di tifosi sfruttati, illusi, e poi abbandonati a loro stessi. Agli striscioni arrendevoli, alla frustrazione che diventa disincanto, ed a quel senso di generale, e nostalgica, malinconoia che, come cantava il buon Masini, "sporca la città" ed "è voglia di andar via da tutti, anche da te".
Da te, pallone sgonfio. Che ci costringi ad abbandonarti così, svuotato e senza significato, nell'ennesimo stadio vuoto che, da domani, potrebbe essere il Tardini. La cui miniatura di plastica, solo vent'anni fa, era un optional per ben educati, e sognanti, bimbi che giocavano a scalciare le miniature con le dita, e che oggi è poco più d'una cornice per gli striscioni "Portate i libri in tribunale".
Ed i cui cancelli, dai quali ai tempi del Subbuteo uscivano fragorose i tifosi che vincevano Coppa Coppe e Coppa UEFA, oggi più che dai colori sono bardati solo dalla scritta "Chiuso per rapina". Probabilmente più ai danni del passato, che del presente.
E lei che cosa farà?
“Sono disposto a scendere anche in Lega Dilettanti e fare il capitano.
Parma e il Parma sono dentro di me”.
Alessandro Lucarelli, intervista alla Gazzetta