Intervenuto ai microfoni de La Gazzetta dello Sport, il tecnico della Cremonese Davide Nicola ha parlato della sua avventura in grigiorosso, iniziata con un avvio di stagione a dir poco incoraggiante nonostante la recente battuta d'arresto col Pisa.
Cremonese, le parole di Nicola
"Siamo contenti per i punti conquistati fin qui dai ragazzi, mai banali ma frutto di un grande lavoro. Io non guardo al risultato della singola partita, quella è meteorologia, ma ragiono per step, quando l’analisi può essere più approfondita, grazie anche all’aiuto di piattaforme in grado di ‘oggettivare’ il lavoro svolto. Siamo circa a un terzo del campionato, il primo step è quasi concluso e siamo soddisfatti per quanto raccolto, nella consapevolezza del lavoro che ancora ci attende. Perché con l’inizio del secondo step tutto si ricalibra, sulla scorta di quanto già acquisito ma dopo un’analisi di quel che si può migliorare, di quel che manca o di quel che va modificato, tipo ruota di Deming.
Abbiamo lavorato molto sull’identità che vogliamo proporre, servirà dimostrare che siamo anche continui. Il vero obiettivo è la strada che scegli per raggiungere i risultati. Ci stiamo focalizzando su questo: vogliamo dimostrare alla gente che intendiamo raggiungere un obiettivo importante, ma vogliamo farlo attraverso un’idea, che è quella di regalare emozioni. Quando ciò che stai facendo piace e gli altri si riconoscono in quel che stai facendo si crea un circolo virtuoso che porta ed alimenta altra energia: è quel che siamo riusciti a fare fin qui, con l’aiuto dei risultati, ed è la strada che intendiamo continuare a percorrere.
Io alleno come vivo, non c’è scissione fra come sono fatto e come lavoro. Mi piace costruire insieme agli altri ma anche per lasciare qualcosa di mio, un’impronta della mia persona e del mio modo di essere, che prescinde dai risultati. Non perché mi senta superiore o un fenomeno, ma perché si lega alla mia sensibilità, a quanto ho vissuto nella mia sfera lavorativa e personale e che porto all’interno del mio lavoro.
Per me il risultato conta, ma anche la strada per raggiungerlo è fondamentale. Per questo, come dicevo, è importante trasmettere e far percepire al pubblico emozione, rispetto, il senso di responsabilità che ci mettiamo e lo spirito di coinvolgimento che ci anima. Per me una squadra gioca bene non solo quando si esprime ad alti livelli sul piano tecnico-tattico, ma quando riesce anche a comunicare emozioni. Allora sì che il pubblico si diverte e si riconosce nella propria squadra”.
Le strategie di mercato
“Nella mia visione tutto parte dalla persona, mentre algoritmi e big data servono per oggettivare impressioni e percezioni, e sono quindi un grande aiuto. Manca però un dato per renderli più completi e quindi affidabili ai nostri scopi: contestualizzare i numeri relativi a un determinato giocatore in un determinato contesto di gioco. Per far ciò ogni piattaforma dovrebbe sincronizzarsi sull’idea e sul tipo di gioco che ciascun allenatore applica. Altro limite: il dato racconta una verità immediata ma che non dice tutto, anzi può paradossalmente sviare. Per esempio un giocatore che corre molto non è detto che corra bene. Numeri e piattaforme possono aiutare, ma in un sistema complesso come è una squadra dipende dall’uso che l’allenatore ne fa”.
La scelta della Cremonese
“Penso che la società mi abbia chiamato perché ha visto in me un profilo serio nella prospettiva di raggiungere un obiettivo – la salvezza - al quale è legata gran parte della mia esperienza in serie A, con la volontà di costruire qualcosa insieme che possa durare nel tempo. Una visione che ho sentito calzante, così come ho percepito da subito una buona chimica, a partire dalla prima volta che ho parlato col Cavalier Arvedi: le parole che ha usato e il tono della sua voce mi hanno conquistato. La bellezza delle cose nasce anche perché nasce una chimica fra le componenti, e io nella chimica credo tantissimo. Da parte mia sento la responsabilità di essere stato scelto, e questo è il mio motore per produrre energia.
La rosa è stata costruita a partire da chi già c’era e ci sembrava avere mezzi e fame per affrontare la nuova categoria; da giovani (da Barbieri a Folino, da Mussolini a Fayé) che pensavamo potessero avere tutte le carte in regola per dimostrare che in Italia i giovani di valore ci sono; da giocatori, tipo Collocolo o Vandeputte, che hanno fatto vera gavetta con la voglia matta di dimostrare di essere all’altezza della massima serie, via via fino agli altri che la serie A già la conoscevano bene (e mi riferisco ad esempio a Baschirotto, Audero, Terraciano, Pajero). Abbiamo cercato di costruire un gruppo dai grandi valori umani, oltre che tecnico-tattici, ben consapevoli delle difficoltà che avremmo incontrato”.
La cosa che ho apprezzato e di cui mi sono innamorato è la voglia di questi ragazzi di fare questo gioco-lavoro: vedere ogni giorno il loro impegno genera in me molta energia. Quel che è migliorabile è l’attenzione al dettaglio. Da ora in poi non basterà lavorare molto e bene, bisognerà lavorare meglio, e questo ha a che fare con l’esperienza che fai durante le partite incontrando avversari di ogni forma e dimensione. Fare un passaggio non è solo fare un passaggio, ma è farlo nel tempo, nel modo e nel momento giusto, scegliendo la persona giusta. È un’asticella elevatissima, deve essere l’obiettivo di tutti. Non so se ci arriveremo, senz’altro ci proveremo: quando desideri davvero qualcosa devi anche essere pronto al rovescio della medaglia, cioè a non arrivarci. Ma questo non ti deve far paura, anzi dev’essere uno sprone in più”.
Nicola su Vardy
“Io preferirei partire dai giocatori in ordine alfabetico ma capisco altre esigenze… Vardy e Vazquez sono i giocatori più rappresentativi per status e carriera, ma sono anche quelli che più impressionano per professionalità. Sono autentici esempi per gli altri e sanno rendere facile il difficile, una dote che appartiene solo ai grandi. Come tutti i professionisti che hanno raggiunto un certo livello sono dei magnifici facilitatori, semplificano la vita agli altri per la loro la capacità di capire al volo quel che serve e quando e di farlo, trascinando anche i compagni meno esperti.
E tutto questo senza perdere curiosità, fame e capacità di divertirsi, tratti che portano nel loro modo di essere e di giocare. Quanto ai margini di miglioramento, tutti ne abbiamo, sempre: alle volte non serve rivoluzionare, ma può bastare fare le ‘solite’ cose con metodo diverso o con attenzione maniacale. Il fatto stesso di ripetere da una vita le stesse cose e continuare a farle con la medesima motivazione, rinnovando quotidianamente stimoli ed entusiasmo, equivale a un enorme miglioramento".