Roberto De Zerbi, tecnico del Marsiglia, ha parlato del suo momento nel corso di un'intervista concessa a Supernova, il podcast di Alessandro Cattelan.

Intervista a De Zerbi

 Norvegia-Italia? "Da italiano che lavora all’estero fa male ancor di più. Io la penso in maniera diversa da quello che si sente o si sente in parte. Sento che è un periodo di storia in cui facciamo fatica a sfornare giocatori di un certo livello. Sicuro si starà sbagliando qualcosa. Io non sono nessuno per dire di chi è colpa, sicuro non di tutti gli allenatori che si stanno avvicendando in panchina. Alla lunga penso che non è più il tempo di Totti, Del Piero, Inzaghi, Montella o Vieri in cui non sapevi chi portare. Ora queste cose ce l’ha la Francia, la Spagna ma l’Italia no.

L’Italia ha qualche giocatore forte come Barella, Bastoni, Tonali, Locatelli; però è un periodo in cui non riusciamo a sfornare un certo livello. Contro la Norvegia non c’era mentalità o amor proprio e anche quello fa parte del livello. Cosa è successo: l’Italia va in Norvegia, dove fa più freddo e trova una squadra molto forte. Il campionato è finito ieri e la stagione è stata pesante: non per tutti è facile preparare una partita come quella. Io parto sempre dal calciatore e si fa fatica ora a trovare talento. Io penso proprio che il livello sia basso. È colpa di tutti quelli che fanno parte del sistema". 

Stampa? "La comunicazione è una parte importante dell’allenatore. Questa è la prima intervista che rilascio dopo due anni che non parlo con la stampa italiana e ti spiego perché. Purtroppo sono caduto in mezzo alla rete di una diatriba tra il mio amico Lele Adani e un gruppo di giornalisti italiani.  A volte contro di me sono stati prevenuti e faziosi quando non c’era motivo di subire attacchi o critiche". 

La guerra in Ucraina e lo Shakhtar Donetsk? "Sulla situazione sapevi quello che sentivi dai giornali. Internamente alla squadra quella situazione era tutto un big joke. Tre giorni prima dello scoppio della guerra eravamo in ritiro ad Ankara. C’erano 13 brasiliani in squadra. Vedevo che un giorno si allenavano bene, un altro giorno li colpiva la “saudade”. Così ho convocato una riunione con lo staff e la squadra e ho scoperto che avevano paura a tornare in Ucraina. Dopo 5 giorni nel bunker e poi grazie al Presidente della Federazione Ucraina e Gravina siamo riusciti a scappare".